Pericolo fallimento per il calcio femminile. Può sembrare assurdo, ma a meno di un anno di distanza dal Mondiale di Francia – che soprattutto in Italia aveva fatto appassionare migliaia di tifosi al calcio delle donne – l’intero movimento potrebbe presto entrare in crisi a causa dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus.
A lanciare l’allarme è la FifPro, Federazione internazionale dei calciatori professionisti, che tramite uno studio ha evidenziato i rischi che il mondo in rosa del pallone sta correndo in un momento difficile per qualunque azienda in qualsiasi settore: «Siamo in situazioni estreme, in momenti senza precedenti – le parole del segretario generale Jonas Baer-Hoffmann – e abbiamo la responsabilità come comunità calcistica globale di riunirci e sostenere il nostro settore». Il sindacato dei giocatori definisce l’attuale crisi come una «minaccia esistenziale» elencando le ragioni che potrebbero comprometterne la sopravvivenza.
Il problema principale consiste nella mancanza di introiti essenziali molto più per il calcio femminile rispetto a quello maschile – derivanti da sponsor e incassi al botteghino che metterebbe le calciatrici «a rischio di perdere il proprio sostentamento». La differenza rispetto agli uomini infatti è netta visto che le leghe professionali esistenti sono meno consolidate, i salari delle atlete sono molto più bassi e anche gli accordi di sponsorizzazione hanno cifre completamente diverse. Inoltre la portata più ristretta di opportunità e i minori investimenti aziendali espongono l’ecosistema calcistico femminile a rischi maggiori rispetto all’universo maschile.
L’obiettivo è dunque quello di ridurre il più possibile le perdite subite durante gli ultimi due mesi di inattività forzata, cercando in ogni modo di evitare che il salasso prosegua anche in futuro. L’ancora di salvezza più plausibile da immaginare è rappresentata dall’intervento delle Leghe maschili e dagli organi internazionali, che dovrebbero scendere in campo stanziando aiuti per l’universo femminile. Ma attualmente si tratta solo di un’ipotesi. Finché non si ripartirà almeno con i campionati maschili nazionali e non sarà fatta chiarezza sulla questione dei diritti tv per l’ultima parte di stagione ancora in corso, appare infatti difficile un intervento immediato sul femminile.
Una vera beffa dopo la crescita di interesse a livello globale registrata negli ultimi 4 anni, come dimostrano i premi degli ultimi mondiali (si è passati da 15 a 30 milioni di dollari). In Italia – dove per le Federazioni ancora non esiste l’obbligo di considerare le atlete come professioniste – inevitabilmente le squadre più a rischio sono quelle che non hanno alle spalle una società che ha investito principalmente sul calcio maschile e che dunque possono contare solamente sulle proprie forze. La questione è seria e va affrontata con tempestività per evitare un danno irreparabile per società, giocatrici e tifosi.
FONTE: Il Tempo – E. Zotti