Scende una pioggerella maliziosa mentre il pullman della Roma, vuoto, ti guarda fisso con gli occhi da lupo sulla fiancata. Dzeko abbraccia l’amico Zukanovic, prima di rintanarsi dentro i suoi pensieri. Rudiger si apparta dietro un angolo, sotto una tettoia, per parlare al telefono. Da fuori intanto si sentono sia i caroselli dei tifosi dell’Atalanta, che suonano i clacson a festa, sia i rumori dei petardi che certificano gli scontri avvenuti fuori dallo stadio. Alla fine manca solo Radja Nainggolan, che si è attardato all’antidoping, perché la comitiva romanista parta in direzione dell’aeroporto di Orio al Serio. Anche per lui non è stata una bella domenica.
IL BATTIBECCO – Nainggolan non è stato brillante e ha barcollato, come tutta la Roma, ma soprattutto ha avuto diversi concetti da chiarire con Spalletti e il suo staff. Sia durante il gioco che dopo, quando ha raggiunto la panchina per lasciare spazio a Iturbe. In quel momento Spalletti stava ancora provando a vincere la partita, senza sapere che di lì a poco l’avrebbe persa a causa di un grave errore di Paredes. Nainggolan non contestava la sostituzione, contestava l’atteggiamento dei tecnici (e lo aveva già manifestato in campo). In particolare si è sfogato con Marco Domenichini, il vice storico di Spalletti, che a suo dire gli aveva dato istruzioni poco chiare sulla posizione da tenere in campo e soprattutto sui ripiegamenti difensivi.
IL CAMBIO…DEL CAMBIO – Sono cose che capitano nel calcio, naturalmente, se le partite non girano nella direzione sperata. E infatti l’episodio non ha generato strascichi di alcun tipo. Ma è stato il sintomo di un inspiegabile disfattismo della squadra, che anche Perotti non ha nascosto al momento del cambio con Paredes. Emerge un retroscena a proposito di questa sostituzione, che è stata modificata all’ultimo secondo dal team manager Zubiria. Inizialmente il calciatore designato a uscire era un centrocampista centrale (Spalletti ha assicurato fosse Strootman, che era ammonito), poi invece l’allenatore ha preferito rinunciare a un attaccante alla ricerca di un maggiore equilibrio.
PERPLESSITA‘ – Per sfortuna della Roma, le mosse di assestamento non hanno mai funzionato. Altre volte, per esempio a Napoli, la guida dalla panchina era stata determinante per orientare la vittoria. A Bergamo invece Gasperini ha azzeccato ogni idea, Spalletti no. El Shaarawy, nell’ultima mezz’ora, ha fatto rimpiangere anche la versione molle di Salah; Paredes ha buttato giù il Papu Gomez sullo spigolo più innocuo dell’area di rigore; Iturbe ha fatto cinque minuti più recupero senza quasi sfiorare il pallone. E anche la famosa difesa a tre e mezzo, una volta infilata con sadismo dalle lame dell’Atalanta, ha denunciato i propri limiti. Dopo un primo tempo senza alcun affanno, e anzi chiuso con un vantaggio stretto rispetto alle occasioni create, lo sbando della ripresa deve indurre i dirigenti a una riflessione seria: quando la Roma non domina le partite, non è quasi mai capace di gestirle. E’ la differenza tra le belle squadree le grandi squadre, in fondo.