Sono entrati per ultimi, tra gli applausi. Poi la curva Sud ha intonato il loro nome. Il ritorno dei Fedayn allo stadio Olimpico, dopo il furto degli striscioni, bruciati sabato a Belgrado, è da brividi. E mette a tacere anche le tante voci incontrollate che nelle ultime settimane si erano intensificate sul principale gruppo della curva Sud. Nessuna guerra. Nessuna resa dei conti fra ultras giallorossi. Per ora solo solidarietà e rispetto per chi ha fatto la storia del tifo giallorosso.
I Fedayn hanno lasciato scoperta la loro postazione fino all’ultimo. Hanno aspettato che la curva si riempisse, poi sono entrati intorno alle 20 e 30 mentre lo stadio cantava l’inno di Marco Conidi, Mai sola Mai. Si sono ripresi i loro posti, per la prima volta senza le tradizionali bandiere del gruppo. Pochi i cori intonati dalla Sud, quasi tutti nel secondo tempo. Una dimostrazione, anche questa, di vicinanza al gruppo, che per la prima volta metteva piede allo stadio Olimpico dopo l’agguato paramilitare dello scorso 4 febbraio di piazza Mancini, in cui gli ultras della Stella Rossa di Belgrado avevano rubato il borsone con gli striscioni.
Tante erano preoccupazioni prima della partita contro il Verona. Il questore, con un’ordinanza, aveva disposto di intensificare i controlli allo stadio Olimpico temendo possibili disordini. Tutto però è filato liscio. Da due settimane la vicenda degli striscioni dei Fedayn, rubati e poi bruciati dagli ultras della Stella Rossa Belgrado, tiene appesa un’intera tifoseria. Nessuna tensione interna, insomma. Nemmeno con i militanti del gruppo Roma, un tempo espressione diretta di CasaPound, gli unici ad accennare un timido tifo durante il primo tempo. Ad oggi, quella di presunte vendette all’interno della curva Sud per la mancata solidarietà espressa da alcuni gruppi si è rivelata una voce non fondata.
FONTE: La Repubblica – M. Carta