Il derby all’improvviso. Il fulmine che proprio non ti aspetti a inizio campionato e a fine estate. Subito la Partita, senza aspettare nessuno. Ore 18 all’Olimpico, sapendo che nemmeno il meteo ha pazienza. Anzi, promuove il ribaltone: allerta codice giallo della protezione civile, dall’afa al temporale, come se niente fosse. Lo stadio, e a prescindere dal maltempo, mostra però la cornice che merita la sfida: almeno 50 mila spettatori. La Lazio entra in campo davanti alla Roma.
La classifica è lì a rappresentare il momentaneo primato cittadino. Una giornata per il break. Il successo di Marassi contro la Sampdoria ha permesso lo scatto biancoceleste nella notte in cui ha fatto rumore la frenata giallorossa in casa contro il Genoa. È solo la partenza, ma il testa a testa sarà il leitmotiv calcistico della Capitale per l’intera stagione: Inzaghi e Fonseca presto rappresenteranno l’Italia nell’Europa League, ma il pensiero di entrambi va oltre. Guardano già alla Champions. L’unico posto a disposizione in serie A sembra essere solo il 4°. Se lo giocheranno loro fino al 24 maggio.
CORREZIONE ANNUNCIATA Intrigante il duello, anche tatticamente. Mirata la preparazione del match. La Lazio e la Roma sono già diverse. Perché gli allenatori cambiano subito la formazione schierata al via nel torneo. Non concedono il bis. Vogliono la perfezione per il derby e danno spazio a Leiva e Zappacosta. È il loro prologo per la favola che si apprestano a scrivere nel pomeriggio all’Olimpico. Inzaghi va sul sicuro e, per il 3-5-2, sceglie la squadra base. Sono i migliori a disposizione. Sulla traccia lavora da anni, aggiornata nel finale della scorsa stagione con l’inserimento di Correa accanto a Immobile. Più qualità, più efficacia e più spavalderia.
Gli hanno permesso di vincere la Coppa Italia contro l’Atalanta. Il mercato gli ha poi portato in dote il laterale destro che, nel suo sistema di gioco, fa la differenza: Lazzari. Fonseca, invece, cerca l’equilibrio che, appena ha messo piede in serie A, è evaporato nella notte del debutto all’Olimpico. Si copre e non è nel suo stile. Perché, nel 4-2-3-1, Florenzi lascia il posto da terzino destro e si ritrova alto a sinistra nel rombo offensivo. Non è il giorno ideale per sbilanciarsi: il Genoa, nell’atteggiamento, copia i biancocelesti.
E ogni ripartenza, domenica scorsa, è stata fatale. Difesa allo sbando e squadra nel suo assetto vulnerabile. Test, dunque, utile l’aggiornamento. Proprio nel derby d’andata del campionato scorso, la mossa riuscì a Di Francesco. Catena di destra con doppio esterno basso (dietro giocò Santon, attualmente panchinaro e vicino all’addio).
STORIA RECENTE Il derby precoce, dunque, è la grande chance per la Lazio. Pronta e in condizione. Completa. E Leiva, il play di sostanza che si piazza davanti alla difesa, sembra fatto apposta per questo derby. Inzaghi lo considera il guardiaspalle di Milinkovic e Luis Alberto. Perché in attacco la Roma è già affidabile e spavalda: il totem è sempre Dzeko. Ancora non sa, però, leggere la fase difensiva: Fonseca lavora proprio per renderla squadra. Che oggi non è. Anche per il ritardo di alcuni arrivi a Trigoria: i rinforzi, per ora, sono in stand by (la maggioranza).
L’attesa per il centrale da affiancare a Fazio e soprattutto in grado di prendere il posto di Manolas: da giovedì c’è Smalling, oggi riserva all’Olimpico perché ancora deve conoscere i nuovi compagni. E si aspetta sempre il sostituto di El Shaarawy, acquisto diventato fondamentale dopo l’ennesimo infortunio di Perotti. Quando si cambia, in panchina e in campo, serve la pazienza. Che spesso, non solo qui, manca ai club come ai tifosi. Florenzi davanti è la mossa più semplice: su quel lato si scatena di solito Lazzari.
Prevenzione assoluta sulla sinistra, attenzione a destra, con Zappacosta più abile del capitano in marcatura. Mancini spera di avere il posto che domenica scorsa è stato di Jesus. Pure per far sentire meno solo Pau Lopez, finora l’unico nuovo nella formazione di partenza. Normale che, insomma, qualche dubbio abbia arricchito la vigilia a Trigoria e non a Formello. La virata giallorossa è lenta, quella biancoceleste già certificata.
FONTE: Il Messaggero – U. Trani