Roma-Milan di stasera è il suo personale derby. Dovrebbe cominciarlo in panchina, ma a un certo punto dovrebbe dirigere verso il campo la sua cresta. Dorian Gray, alias Stephan El Shaarawy. Come il personaggio di Oscar Wilde, rimane all’apparenza intatto mentre il suo ritratto invecchia, segnato dalle alterne fortune. Incarna lo smarrimento di una generazione che non conosce il proprio valore perché non sa a quali parametri affidarlo: il mercato, la critica, il pubblico, i followers?
Come fai a capire chi sei davvero se di te dicono “Uno come lui passa di qui una volta ogni cent’anni” (Preziosi al Genoa), “Vale più di Neymar” (Galliani al Milan), ma poi ti rimandano al mittente a una partita dall’obbligo di riscatto (successe al Monaco)? Se torni alle marcature in doppia cifra (alla Roma) ma continui a essere scambiato per il testimonial di un biscotto e la tua vita fuori dallo stadio pesa più di quella tra le righe del campo? A 28 anni El Shaarawy tenta l’eterno ritorno.
FONTE: La Repubblica – G. Romagnoli