Sono due paroline morbide, che le orecchie indiscrete hanno sentito più d’una volta. «Andiamogli incontro», sussurra Virginia Raggi a Paolo Berdini quando il discorso va sullo stadio della Roma. E ogni volta lui risponde alla sindaca come un disco rotto. Ricordandole che «il rispetto delle regole è una battaglia vostra…» Dove «vostra» s’intende del Movimento 5 Stelle, ovvio. Che però mai, come in questa circostanza, vive un inconfessabile travaglio. Ben cosciente di ciò, la Roma ha spianato le artiglierie, giusto poche ore prima dell’incontro decisivo previsto per oggi pomeriggio. Premurandosi di far notare come il diluvio di visualizzazioni totalizzate dal tweet di Francesco Totti sia addirittura più imponente di quello dei voti che hanno spinto Virginia Raggi in Campidoglio. Un colpo decisamente basso.
DUE PAROLINE MORBIDE – L’esito dello scontro fra la Roma e l’assessore all’Urbanistica dipende tutto da lei. E chissà che il segreto non sia proprio in quelle due paroline morbide. Fin dall’inizio di questa storia Virginia Raggi non è mai stata troppo intransigente. Non quando l’ex vicesindaco Daniele Frongia, tutt’altro che ostile al progetto, era sulla cresta dell’onda. Né, a maggior ragione, mentre circolavano voci secondo cui lo stesso Beppe Grillo avrebbe dato via libera allo stadio: ma nessuno ha mai saputo se si trattasse di fantasie… Ma non lo è stata neppure quando il 13 gennaio ha gelato Parnasi, la Roma e i romanisti, con un «sì allo stadio», ma «nel rispetto del piano regolatore». La linea di Berdini. Un osso duro, l’assessore all’Urbanistica. Ha una storia di sinistra e si è impegnato contro il consumo indiscriminato del suolo: i libri che ha scritto non lasciano spazio a dubbi. Insomma, il peggiore avversario che la coppia costituita dalla Roma e dal costruttore Parnasi potesse augurarsi, in una guerra di posizione complicatissima.
LE ARMI IN CAMPO – I promotori del progetto hanno due armi e una minaccia. La prima arma è la legge sugli stadi, che prescrive la sostenibilità economica di ogni iniziativa. La seconda è un atto di Ignazio Marino che riconosce l’interesse pubblico allo stadio. E siccome quello, dice chi lo vuole fare così, si sosterrebbe economicamente solo con 977.000 metri cubi di cui 800 mila di locali commerciali e uffici compresi tre grattacieli progettati dall’archistar Daniel Libeskind, va da sé che anche l’enorme complesso sarebbe di «interesse pubblico». Investimento totale: 1,7 miliardi di euro, la più grande operazione immobiliare oggi esistente in Italia. Tanti soldi da mettere in crisi qualunque convinzione di principio. Accompagnati pure dalla minaccia di una causa miliardaria contro il Comune in caso di niet. Anche le armi di Berdini, però, non sono da sottovalutare. La più potente è il piano regolatore, che in quell’area consente al massimo 118 mila metri quadrati, ovvero oltre 600 mila metri cubi in meno di quelli richiesti. C’è poi il vincolo idrogeologico in un’area a rischio esondazione, che dovrebbe essere sciolto. Per non parlare di un parere dell’avvocatura del Campidoglio, secondo cui la minaccia della causa non sarebbe poi così minacciosa, e in ogni caso si andrebbe incontro a un contenzioso così lungo da essere sconveniente anche per la Roma. Non manca un altro piccolo siluro innescato: un decreto di vincolo delle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle che il ministero dei Beni culturali sta scrivendo. Il che costringerebbe comunque a rivedere il progetto.
IL DILEMMA DI RAGGI – La posta in gioco è tanto alta che all’incontro di oggi saranno presenti anche i legali dello studio genovese Lanzalone & partner, consulente dei gruppi parlamentari a 5 stelle che ha assistito pure il sindaco di Livorno Filippo Nogarin. Ma non saranno le sfumature tecniche a decidere i destini di un’operazione dove conta forse più l’interesse delle banche creditrici che quello sportivo. Perché la responsabilità spetta a Virginia Raggi, ed è politica. La sindaca potrà confermare l’assoluto rispetto del piano regolatore, come vuole Berdini: ma avrà contro un sacco di romani, oltre a quelli che dopo il rifiuto delle Olimpiadi bollano il Movimento 5 Stelle come il partito del No. Oppure potrà sconfessare Berdini e «andare incontro» alla Roma con qualche centinaio di migliaia di metri cubi: ma se la dovrà vedere con i grillini duri e puri, che già non la amano. Ritrovandosi pure senza assessore. Berdini ha già detto che sullo stadio ci ha messo la faccia ed è pronto a dimettersi. Un altro a lasciare in soli sette mesi: non sarebbe troppo?