«Avrei voluto giocare altri 10 anni, sono triste ma è ora di lasciare il mio lavoro, il mio sport, la mia passione». Prima l’addio (forzato) alla Roma, ora l’addio quasi inevitabile al calcio, tutto per stare vicino alla figlia maggiore che dovrebbe tornare a vivere con lui. Daniele De Rossi a 36 anni appende gli scarpini al chiodo a soli 6 mesi dall’inizio dell’avventura al Boca Juniors, appendice agro-dolce di una vita spesa tra lacrime, sorrisi e sudore in giallorosso.
Daniele avrebbe voluto prolungare il suo rapporto col club argentino, ma le priorità della vita hanno avuto il sopravvento: «Non ci sono stati problemi e non lascio per motivi fisici. Da ottobre sento la mancanza dei miei familiari. La dirigenza voleva convincermi, ha fatto tutto il possibile. Non ho bisogno di aiuto o tempo, devo andare a casa. Mia figlia maggiore (Gaia avuta dalla prima moglie, ndr) è l’unica rimasta in Italia. Ha 14 anni e ha bisogno di suo padre. Continuerò a lavorare nel calcio. Ho amato tanto la Roma ed è un’altra cosa, ma ho amato anche il Boca. Questo popolo mi lascia più di quanto io abbia lasciato a loro».
De Rossi col Boca è sceso in campo appena 7 volte segnando un gol. Gli infortuni non lo hanno mai abbandonato. De Rossi chiude una carriera straordinaria: 616 partite e 63 gol con la Roma, 117 e 21 con l’Italia in cui brilla la vittoria del mondiale 2006. Il palmares di club poteva essere più ricco: 2 coppe Italia, 1 Supercoppa e 3 scudetti sfiorati in giallorosso. Colori che Daniele rivedrà da vicino già oggi nel viaggio di ritorno nella capitale. E che potrebbe vestire con la nuova società di Friedkin.
Il magnate texano, che tra un mese diventerà presidente della Roma, lo vuole nel suo staff. De Rossi, però, ha in mente altro: «Voglio diventare allenatore e sfrutterò questi mesi per studiare i migliori tecnici del mondo». Magari partendo proprio da Trigoria. In serata anche i messaggi di Ranieri («Lui e Totti anima della Roma. Due uomini leali e sinceri») e Nainggolan («E’ troppo intelligente per star fuori da questo mondo, era già allenatore in campo»).
FONTE: Leggo – F. Balzani