Francesco Totti, ieri, ha visto dalla panchina l’ultima partita della sua carriera in Champions. Il contratto di De Rossi scade nel giugno 2017: non rinnovasse, tutto sarebbe finito al 40’ di una serata che per la Roma doveva essere «normale» dopo l’1-1 dell’andata e che è invece diventata un incubo. La vena che incarna la romanità, che lo ha accompagnato in tante esultanze e tanti tifosi ha fatto innamorare, è esplosa ancora: il perché, forse, De Rossi se lo chiederà a fine carriera, quando l’impeto si dovrà placare per forza. Ieri è caduto per l’ennesima volta in quelle crisi di nervi che per Daniele tifoso in campo e per i romanisti tifosi fuori sono le stesse. Un’entrata inutile, a 50 metri da quella posizione di difensore centrale che Spalletti aveva deciso per lui in assenza di Vermaelen. Il piede a martello che affonda sulla tibia di Maxi Pereira, che si rialza ma poi crolla definitivamente. Come la Roma, tutta in quello sguardo incredulo del suo capitano, il primo a sapere di esserci cascato di nuovo.
NUMERI DA INCUBO – «Per me è la prima espulsione, non la quattordicesima – ha detto Spalletti -, Daniele è un uomo diverso rispetto al primo De Rossi che avevo conosciuto». Con quella di ieri, però, le espulsioni in carriera di Daniele sono proprio 14, ben 12 con la Roma, a cui si aggiungono le due in Nazionale: quella di un anno fa, a Palermo contro la Bulgaria, fu «insabbiata» dal gol che segnò e che decise la partita. La prima, invece, se la ricordano tutti: Daniele era un ragazzino che poteva ancora sbagliare e perdere la testa. Allargò il gomito sull’americano McBride (che uscì coperto di sangue), ma rientrò in tempo per calciare un rigore nella notte mondiale di Berlino. Perché in pochi giorni può cambiare tutto: a Oporto, De Rossi era stato il migliore. Una partita d’altri tempi, con la Roma in 10 e in difficoltà: dove non c’erano i compagni, c’era lui, che la Champions la voleva fortemente. Forse troppo: quando la gara si stava mettendo male, è partita la «brocca». E a De Rossi è successo tante altre volte. Qualche ricordo sparso: la gomitata a Srna con lo Shakhtar (Champions 2011, tre turni dopo la prova tv), il pugno a Mauri in un derby del novembre 2012, quello a Icardi in Roma-Inter nel marzo 2014, anche questo pescato dalla tv e punito pure con l’esclusione dalla Nazionale di Prandelli. Due mesi prima, il 5 gennaio 2014, la Roma – prima di ieri sera – aveva chiuso per l’ultima volta una partita in 9: a Torino, fuori Castan, ma fuori pure De Rossi.
IDOLO CANTONA – Che, tra i tre calciatori preferiti al di fuori dei romanisti, cita Roy Keane, Baggio e Cantona. Di cui disse: «Aveva personalità, carisma, e una certa aggressività: tutte caratteristiche che, nonostante lo abbiano portato ogni tanto a esagerare un po’, se gestite bene sono fondamentali per un calciatore». Ci rifletterà, aspettando di diventare papà per la terza volta: dopo Gaia e Olivia, arriverà il primo maschio. De Rossi è un uomo che parallelamente alla carriera calcistica si è fatto una cultura di musica, cinema e lettura, avrà la maturità del 33enne per ammettere i suoi errori: «Hai visto papà? Ecco, quelle cose non si fanno».