Esautorato. Privato del “dossier stadio”, sul quale l’amministrazione grillina è impantanata da mesi. Avvisato di sfratto a mezzo stampa: se non fai come diciamo noi, ti cacciamo. Una velina diffusa ad arte per far capire al diretto interessato che i giochi sono finiti.
«L’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini potrebbe presto lasciare la giunta Raggi», batte a mezzogiorno l’Adnkronos. Un’indiscrezione senza fonte né firma, ma con una provenienza certa: il Campidoglio. «La decisione sarebbe stata presa — prosegue il take — nel corso di una riunione tenuta lunedì sera, alla quale hanno partecipato la sindaca e i suoi più stretti collaboratori». Rilanciata a stretto giro dall’Ansa, secondo cui «l’assessore sarebbe in bilico, rumors di palazzo Senatorio lo darebbero in uscita».
Un avvertimento chiaro, che suona come un aut aut: o l’esponente meno organico e più indipendente dell’esecutivo grillino la pianta di far sempre di testa sua e si adegua alle indicazioni del Movimento, oppure può già considerarsi un ex. Lui, al lavoro nei suoi uffici all’Eur, cade dalle nuvole: «Non ne so niente e non me ne vado. Sì, ci sono stati dei dissidi, ma nulla che non si possa risolvere», taglia corto al telefono. Butta giù, furibondo: «Smentite subito o vi sputtano», intima al capo ufficio stampa della Raggi. La sindaca capisce che butta male, si consulta coi fedelissimi e frena. Il putsch fallisce. Ma non tramonta. Ci vorrà ancora qualche giorno, pare.
La crisi di giunta — la seconda in cinque mesi dopo le dimissioni a catena rassegnate a settembre dal capo di gabinetto Raineri, dall’assessore al Bilancio Minenna e dai vertici di Ama e Atac — è dunque solo rinviata. Avviata però con modalità che la dicono lunga sul clima che si respira sul colle della politica romana.
Il blitz matura nella notte tra lunedì e martedì. Nella piccola Protomoteca si è appena concluso l’incontro dei consiglieri con il Raggio Magico: oltre a Virginia, il vice Frongia, il caposegreteria Romeo, il responsabile del Bilancio Mazzillo; manca solo Marra, ancora in ferie. Piatto forte: lo stadio della Roma a Tor di Valle. Sono tutti irritati con Berdini (lasciato di proposito all’oscuro del summit), lo accusano di essere troppo autonomo, «decide sempre tutto da solo». Dallo stop alla riqualificazione delle torri dell’Eur alla prosecuzione della metro C verso Corviale. Ma soprattutto di voler imporre la sua idea sull’impianto giallorosso. Che ha finito per spaccare in due la maggioranza. Da un lato i supporter dell’assessore, che vorrebbero stravolgere il progetto, autorizzando solo 350mila metri cubi di cemento rispetto ai 650mila previsti; dall’altro, Frongia e i suoi seguaci che, temendo penali, suggeriscono di apportare solo qualche modifica, lasciando sostanzialmente tutto com’è.
Una discussione accesa, alla quale partecipano due avvocati esterni, presentati come amici di Mazzillo: in punto di diritto — spiegano — il via libera dato a suo tempo dall’amministrazione Marino si può revocare. Lo stesso film delle Olimpiadi. La sindaca ascolta, poi sollecita ai legali un parere scritto, chiedendo di raccordarsi con l’avvocatura capitolina. La quale però ha finora sostenuto il contrario: sullo stadio non si può più tornare indietro.
L’incontro finisce. Raggi si ritira coi fedelissimi. Decide di avocare a sé il dossier: tratterà personalmente con la Roma. E mette al punto il piano per far fuori l’assessore. Poi sfumato. Per ora.