Da sempre e per sempre, c’è un solo modo per vincere le partite: segnare un gol più degli avversari. Il regolamento del giuoco del calcio non contempla altre opzioni. Non conta giocare bene o male, conta soltanto fare un gol più degli altri. Stop. Ma poi: cosa significa giocare bene o male? Si può giocare bene anche facendo giocare male gli avversari, ad esempio. Il concetto di bellezza applicato al pallone non ha confini certi: l’unica cosa veramente bella è vincere la partita. Come riuscirci è un accessorio, l’essenza è segnare più dell’avversario. Chi segna di più ha sempre ragione. E merita il successo. Anche se ha lasciato il pallone costantemente tra i piedi del nemico. Strategia, si chiama. Conta il fine che, come sempre, giustifica i mezzi.
E chi si meraviglia di ciò, chi continua a dividere il mondo pallonaro tra “giochisti” e “risultatisti”, magari asserendo che i primi sono i Buoni e gli altri i Cattivi, spesso dimentica che un risultato è sempre figlio di un gioco. Basta saper individuare quale, ad esserne capaci. La Roma contro il Torino ha scelto di far giocare l’avversario e ha vinto la partita. Una strategia che José Mourinho conosce alla perfezione e che negli anni ha aiutato il portoghese a vincere come (quasi) nessun altro.
Una Roma al sapore di Mou. Cinica e spietata, si è detto. Dimenticando di metterci pure intelligente, però. Perché se non usi la testa, non porti mai a casa la vittoria. Mai. Soprattutto se/quando scegli di coprirti e di aspettare il momento giusto per andare a far male all’avversario. La versione più mourinhiana di Mourinho ha consolidato la Roma al quinto posto, a tre lunghezze dalla zona Champions, davanti a Lazio e Juventus nonostante i due ko subìti contro Sarri e Allegri.
José continua a ripetere che la Roma non ha le basi tecniche per giocare con la difesa a tre, ma non la smette più di giocare a tre. E, quindi, di usare le due punte. Sarà un caso, ma da quando non è più stato abbandonato laggiù al suo destino, Tammy Abraham con il supporto tattico e mentale di Zaniolo ha cominciato a fare la differenza. Alla faccia di quella porzione di critica che dopo la doppietta europea rifilata allo Zorya si era affrettata a sottolineare più due suoi vistosi errori sotto porta che le due reti. Come se il demerito contasse più del merito. Come se un gol sbagliato valesse più di uno segnato. Totò avrebbe detto: ma mi faccia il piacere…
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti