(…) Roma-Udinese è stata una partita senza storia. Una di quelle classiche partite che se le squadra favorita e più importante la vince comodamente, non c’è niente da dire o quasi, è la norma – nel dubbio se sia meglio oggi far giocare il veterano Dzeko inviso all’allenatore e con cui si guarda in cagnesco o il prescelto Mayoral che qualche gol in più di lui recentemente ha fatto, ecco che ci pensano Veretout e Pedro lasciando dunque il problema immutato – se la perdesse viceversa si riaprirebbe il processo all’allenatore Paulo Fonseca.
In linea di massima si sa che certe partite con avversarie di secondo piano la Roma non le sbaglia e anzi le vince sostanzialmente tutte (undici su undici addirittura), il problema è fare il salto di qualità, e soffrire invece particolarmente il confronto con tutte le altre squadre di alto rango del campionato. La stessa Roma passa cioè nell’arco di una settimana dal ko contro la Juve a una vittoria facile e molto agile contro l’ Udinese.
Questa altalena tiene ovviamente sempre aperta la questione dell’allenatore Paulo Fonseca, che è sicuramente un ottimo professionista e anche una persona forse troppo educata e troppo poco smaliziata per un ambiente che divora ed esaurisce gli allenatori migliori (da Luis Enrique a Spalletti), ma insomma stanno sempre tutti lì a chiedersi se sia l’allenatore giusto. Se si debba continuare con lui dunque o al contrario cambiare nuovamente guida, magari per tentare di ingaggiare un super manager alla Allegri.
Ma una Roma al terzo posto e oggi sopra la Juventus tiene continuamente aperto il problema impedendo di risolverlo definitivamente. Ci vorrebbe una Roma che crolli definitivamente (addio Fonseca) oppure che decolli addirittura verso lo scudetto (Fonseca per sempre). Ma così sembra sempre una Roma che può diventare grande, ma oggettivamente non lo è. E dunque è impossibile decidere, lasciando il “caso Fonseca” perennemente aperto.
FONTE: La Repubblica – F. Bocca