(…) Passato il Mondiale, Mosca è tornata onesta e malinconica, frenetica secondo abitudine ma non per sovraeccitazione da evento. Però l’onda della Coppa del Mondo non si è ritirata del tutto; la nazionale, spesso criticata e ignorata, adesso è un prodotto della Russia che funziona e ha creato nuovi idoli, fra questi il capitano di quell’avventura e del Cska: Igor Akinfeev.
Il sentimento festoso e affaristico post Mondiale ha spinto il Cska ad abbandonare la propria Arena sotto il Triumph Palace per ospitare la Champions al Luzhniki, dove si assegnò la coppa il 15 luglio. Akinfeev uscì in trionfo da questo impianto, rimodernato per 450 milioni ma in cui nessun club moscovita risiede, quando parò due rigori alla Spagna, ottavi di finale. Lui sempre criticato, colpevole e sciagurato nell’era Capello (clamorosa la papera contro la Corea del Sud a Brasile 2014), è diventato un mito rincorso adesso dai bambini e dai grandi, anche se ha lasciato la nazionale dopo il torneo. All’andata era squalificato, stasera rientra per far pesare il ruolo da leader.
(…) Prima di trasformarsi in eroe, e le immagini dei penalty respinti a Koke e Iago Aspas sono «entrate nella storia del calcio russo», come sottolineano qui, Akinfeev aveva una serie non proprio incoraggiante in Champions, dato che in 12 anni solo una volta era uscito imbattuto e in 46 match aveva sempre preso gol. Ma poi è arrivato il Real Madrid, lo scorso 2 ottobre, battuto 1-0 davanti a 71.811 spettatori in delirio e non tutti tifosi del Cska, che non supera i 20 mila di media in campionato (…)