(…) Essendo che il calcio è un linguaggio che è affastellato con le nostre vite, quando un cambiamento di fruizione investe la serie A ci sentiamo tutti spaesati. Perché temiamo di non comprendere più quel linguaggio. Davanti all’assegnazione a Dazn dei diritti del campionato per i prossimi tre anni l’atteggiamento di moltissimi, più o meno manifesto, è certamente questo.
Per assorbire la botta di incertezza e convincerci che invece continueremo a capirlo quel linguaggio, può servire voltarsi per un attimo indietro e ricordare che è dall’inizio degli anni ’60, la rivoluzione era stata la differita alle 19 della domenica sera del secondo tempo di una partita. Quale? Qui stava il bello. Non si sapeva. Ti sedevi davanti alla tv e aspettavi sperando di vedere in campo la squadra per cui facevi il tifo. Attesa, sorpresa. (…)
Arrivò poi lo sdoppiamento Rai-Mediaset: ma anche se il campionato era presente su due gruppi televisivi diversi sempre tramite lo stesso telecomando li si poteva raggiungere.
A far tremare i polsi fu l’avvento di Telepiù con la trasmissione via satellite: ma in questo caso (eravamo nel ’90) il concetto del paga-per-vedere qualcosa cui prima si accedeva gratuitamente (canone Rai a parte) fu reso digeribile dalla vibrante sensazione di appartenere ad una èlite che guardava avanti. (…)
Cambiò via via la programmazione degli incontri, il rito della domenica pomeriggio andò a farsi benedire (era un rito quasi religioso peraltro) i derby erano la domenica sera, poi c’era il monday night e tutti ci sentivamo un po’ inglesi. E i telecomandi erano due. Ora le immagini di quelle stesse partite arriveranno a noi tramite la fibra e i telecomandi sul tavolino sono mille. Potrebbe diventare più facile per chi lo desidera spiluccare pochi frames di un solo incontro sempre, ovunque su qualunque device . (…)
FONTE: Il Messaggero – P. Valesio