C’è chi lo voleva già in America a sfidare l’amico Pirlo o forse a giocargli accanto. Altri l’avevano immaginato a Torino, con la maglia della “nemica” Juventus. A otto mesi esatti dalla scadenza del suo contratto, però, la priorità di Daniele De Rossi è un’altra: la Roma. Lo ha lasciato capire lui stesso domenica sera, con addosso ancora l’acqua delle docce del Castellani e negli occhi la delusione per quel pareggio inutile contro l’Empoli: «Spero di poter raggiungere tanti altri traguardi con la Roma». Una dichiarazione d’intenti. A oggi colloqui formali per allungare quella scadenza fissata per il prossimo 30 giugno però non sono iniziati: da Trigoria sanno che fretta non c’è, che la permanenza o meno a Trigoria del centrocampista dipende prima di tutto dalla sua volontà, e che se decidesse di andar via sarebbe una scelta di vita, non certo per uno “scippo”.
L’intenzione, in ogni caso, è oggi di tutt’altro segno. A casa De Rossi hanno bussato in tanti, comprese le tre grandi italiane: in particolare l’amico Montella gli ha fatto presente che sarebbe felicissimo di averlo nel suo italianissimo Milan. L’ex aeroplanino però può mettersi il cuore in pace: in questo momento, le intenzioni di De Rossi e quelle della Roma coincidono. Anzi, di più: i rapporti sono ottimi, lo erano quelli di Daniele con Walter Sabatini e lo sono quelli con il dg Baldissoni. A lui toccherà sedersi a parlare, quando entrambe le parti decideranno di non voler aspettare più. E se nel 2012 i rapporti non erano esattamente idilliaci, complici le trattative per quel rinnovo firmato poi a 6,5 milioni netti, faticavano a decollare oggi il legame è saldissimo. Il club ha apprezzato tanti suoi atteggiamenti, in particolare le attenzioni verso i giovani (con molti ragazzi al debutto Daniele si è fermato per aiutarli a gestire l’ansia della prima con i grandi) e l’autocritica dopo qualche errore evitabile (vedi l’espulsione contro il Porto).
Spalletti è stato chiarissimo: «Spero che Daniele resti il più a lungo possibile». E De Rossi di restare sarebbe felicissimo. Consapevole però che le condizioni contrattuali di oggi non siano replicabili. «In questi anni ho guadagnato talmente tanto che il discorso economico è l’ultimo dei miei pensieri», giura lui. A quanto sarà disposto a rinunciare? Almeno alla metà di quei 6,5 milioni netti, giura chi lo conosce. La preoccupazione maggiore del 33enne però è un’altra: che la competitività della squadra non precipiti. «Se anche dovessi andare via spero che il livello della squadra resti lo stesso di oggi», lasciava cadere lì, dagli spogliatoi di Empoli. Anche per questo forse continua a lasciare socchiusa, senza blindarla, la porta verso gli States. Un’esperienza che lo tenta da sempre, ma oggi, con due bambini piccolissimi – l’ultimo, Noah, non ha nemmeno due mesi – la Major League (da Kansas City avevano provato a tentarlo con una proposta mostruosa, già declinata) può aspettare. Poi c’è la suggestione di chiudere con un ultimo anno da capitano: soltanto, però, se Francesco Totti (ieri gli esami hanno escluso lo stiramento, domani potrebbe partire per Vienna) dovesse chiudere davvero alla fine di questa stagione la sua carriera. Ma siamo davvero sicuri che questo sarà davvero l’ultima stagione dell’intramontabile numero dieci?