Otto cambi rispetto alla formazione che ha incantato a San Siro, il ritorno della difesa a tre e tante alternative in campo. Il pomeriggio «calcistico» di Udine ancora una volta per De Rossi ha il sapore del rischio. Come era capitato in altre occasioni, la Roma post Europa League è un diesel, soprattutto se si torna al quel 3-5-2 (o 3-4-2-1) che la squadra rigetta in modo evidente.
Contro i friulani, in una gara fondamentale da vincere dopi gli stop delle concorrenti, DDR opta per il turnover massiccio complice il grande dispendio fisico della notte di Milano. La squadra interpreta male il primo tempo, nonostante i moniti del tecnico, e potrebbe anche riuscire nell’impresa di andare all’intervallo con il pareggio, se non fosse che Huijsen combina un pasticcio regalando di fatto il vantaggio ai friulani.
Poi, come sempre, i correttivi del tecnico di Ostia sono tempestivi ed efficaci, e al momento della sospensione (con Dybala in campo) i giallorossi avevano ripreso il risultato grazie alla zuccata di Lukaku, e davano la netta impressione di poter vincere nei restanti venti minuti vista la grande spinta. Ma il rischio resta.
E dopo gli avvi opachi contro Frosinone, Torino, Fiorentina, Sassuolo e Lecce, la Roma incappa in un altro primo tempo da dimenticare in un momento cruciale della stagione. Quela mentalità da «Real Madrid» che De Rossi aveva chiesto non si è vista, complici le ormai consuete prestazioni impalpabili di alcune seconde linee. Aouar e Zalewski su tutti continuano a non sbocciare, anche se la copertina la prende il giovane Huijsen, che di fatto cambia il match.
Un errore il suo anche comprensibile, ma che potrebbe comunque portarlo a giocare meno in questo finale visto che a giugno tornerà alla Juve. Cambiare tanto, spesso, porta all’inciampo. Lo sa bene De Rossi, che con astuzia riesce sempre a correggere in corsa.
FONTE: Il Tempo – L. Pes