I più fortunati, quelli che scialacquano nell’abbondanza, possono permettersi il lusso della pretattica. A tutti gli altri non resta che adattarsi al materiale a disposizione. Si dice messa con ciò che si ha, è un vecchio proverbio sempre attuale nel calcio. Così il gioco del contrario di Gasperini prevede, ormai da settimane, la ricerca spasmodica della “via di mezzo” tra quelle idee che lo hanno fatto conoscere a Crotone, decollare a Genova e portato a scalare i vertici con l’Atalanta dei miracoli e l’esigenza contingente di una rosa alla quale mancano calciatori gasperiniani in senso stretto.
Un allenatore che ha sempre ricercato i muscoli e il dinamismo oggi si ritrova con una squadra tecnica ma con poca fisicità, compassata più che sprintosa, con una difesa di marcatori anziché di aggressori, una trequarti di ragionatori poco velocisti e dei centravanti abituati a ricevere la palla addosso invece che in profondità. Il risultato di tutto questo è una rosa in costruzione – «Non potevamo fare tutto in una sessione di mercato», ha osservato non a caso il ds Massara – che sta comunque entrando in comunione d’intenti con il suo allenatore-innovatore. Eppure la volontà non basta a raggiungere picchi di eccellenza. Da qui l’esigenza di fare sintesi. Un’ultima dimostrazione c’è stata in Roma-Torino: avendo lavorato nelle due settimane di sosta con Soulé e Dybala, Gasp ha provato a sorprendere Baroni giocando senza punte per non dare riferimenti. (…)
A Roma, (…), non c’è un Ederson, cioè un tuttocampista in grado di recuperare palloni e al tempo stesso tessere la tela, bensì due rubapalloni dall’intelligenza tattica sopraffina come Koné e Cristante, che però difettano in regia. Non ci sono neppure esterni fisici e atletici alla Gosens e Hateboer, bensì terzini abilissimi nella tecnica come Wesley e Angeliño che però non arrivano al metro e ottanta (…). Gasp, non a caso, costruisce il gioco dalle fasce e limita gli inserimenti per via centrale, oltre a contenere le scorribande dei difensori.
Durante il ritiro inglese, in più occasioni, ha testato la tipica manovra gasperiniana: il centrale imposta, scarica sul terzino che si appoggia al centrocampista mentre il primo si sgancia. I primi test, però, hanno dimostrato come Ghilardi e Celik da una parte e N’Dicka ed Hermoso dall’altra non abbiano propriamente caratteristiche da incursori. Così si è scelto un approccio più moderato. Un discorso simile vale per la pressione alta dei difensori.
Quelli dell’Atalanta seguivano gli uomini ovunque, anticipando in modo ossessivo. Le praterie viste contro Aston Villa e Neom (4-0 e 2-2) hanno portato l’allenatore a chiedere maggiore prudenza. La Roma nelle prime tre giornate ha giocato in un fazzoletto di campo – 28 metri – ricercando quella compattezza, limitando i passaggi filtranti (0,67 a match) per favorire i cross (più di 17 a gara) e diventando la big che tira meno in generale (46 conclusioni) e anche in porta (14). La solidità, confermata da un solo gol subito in 270’, richiede qualche sacrificio offensivo. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota











