Dodici anni dopo, siamo ancora aggrappati a José Mourinho. Nel 2010, il tecnico vinse la Champions League con l’Inter, ultimo atto del triplete e ultimo trionfo di una squadra italiana in Europa. Da quel momento ci siamo dovuti accontentare delle due finali di Champions della Juve di Allegri, di quella di Europa League dell’Inter di Conte e di qualche semifinale sparsa. E in semifinale, adesso, c’è la Roma di Mourinho.
Un’obiezione facile: la Conference League è appena nata, si può considerare cugina di secondo grado dell’Europa League e nemmeno lontana parente della Champions. Però è un trofeo. E la Roma, pur con qualche inciampo, ha capito che andava onorato e possibilmente vinto, il merito è di Mourinho. Le competizioni “minori” sono fondamentali nel processo di crescita di qualunque squadra.
Il Villarreal avrebbe avuto la stessa convinzione in Champions senza il trionfo dello scorso anno in Europa League? In Italia c’è un clamoroso cortocircuito che porta molte squadre a fare di tutto per qualificarsi per un piazzamento europeo, salvo poi snobbare nella stagione seguente quell’impegno a favore di un altro piazzamento in campionato. Un controsenso. Vincere aiuta a vincere: in Italia ci siamo dimenticati questo concetto. Mourinho è tornato anche per ricordarcelo. Ecco perché adesso tifiamo tutti per lui e la sua Roma.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – G. B. Olivero
https://youtu.be/D_v8VlJcHzc