C’è un telefono che squilla in mezzo al deserto. Lo fa ogni giorno, come capita agli innamorati. Da una parte c’è José Mourinho, dall’altra Paulo Dybala. L’allenatore portoghese, come faremmo tutti noi mortali se avessimo a che fare con una principessa inca depositaria di un tesoro, pronuncia un “come stai?” che sembra essere quasi l’anticamera di una dichiarazione d’amore.
A raccontarlo è lo stesso attaccante che, pur non avendo mai giocato finora, gode di luce riflessa dell’avanzata sempre più convincente della sua Argentina nel percorso Mondiale. Il sorriso della Joya, d’altronde, è di quelli che conquista quando racconta il suo momento. “Mourinho mi chiama tutti i giorni e vuole sapere sempre come sto. Con lui ho un grandissimo rapporto. Abbiamo lavorato molto insieme per riuscire a tornare al cento per cento“, spiega Paulo.
La risposta rinfranca lo Special One, visto che la soddisfazione passa dal corpo alla mente. “Sto bene, mi sento bene. E siamo contenti per questo passaggio dell’Argentina ai quarti di finale. Se sono pronto per la Roma? C’è ancora tempo per tornare…“. Difficile non augurargli buona fortuna, ma l’attaccante sa bene come la sorte che si sta meritando, sia pure al momento da panchina di stralusso, è dovuto anche al grande lavoro che ha fatto il club giallorosso per recuperarlo. E lui lo riconosce a tutto tondo.
“La società giallorossa ha svolto un ruolo fondamentale nel mio recupero – spiega –, anche loro volevano che ci fossi nell’ultima partita di campionato. Quando mi sono infortunato ho avuto paura perché sapevo che il tempo a disposizione per recuperare era poco e la lesione era seria. Fortunatamente ho avuto a disposizione lo staff del club che lavora benissimo e che si è coordinato sempre con i medici dell’Argentina“.
Ma che Roma in qualche modo sia nella sua testa, lo dimostra anche quando parla della sua esultanza “in maschera” che è diventato un po’ il suo segno distintivo. “Sono un fan dei film dell’antica Roma – racconta –, li vedo sempre. Penso che bisogna scendere in campo e lottare come nella vita reale, perciò festeggio i miei gol con una maschera, quella che indossavano i gladiatori nei combattimenti“.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini / D. Stoppini