Applausi per chi è riuscito a rialzarsi; applausi a chi ha accettato le critiche, anche le più aspre, e le ha usate per migliorare; applausi a chi oggi è tornato a essere un sogno e non più un incubo. Applausi a Edin Dzeko, il cecchino con la faccia da bravo ragazzo. Quello che aveva deciso di ritrovare se stesso lontano da Roma, che non lo aveva capito e che ha pensato di non aspettarlo più. Del resto uno che viene da una parte di vita vissuta sotto le bombe, e qui facciamo un po’ di retorica, non può accettare la sconfitta senza combattere. Spalletti ha rilanciato la sfida, gli ha dato fiducia e ora i risultati vanno oltre le aspettative. Lucio lo ha pungolato e continua a farlo: anche dopo una tripletta, Edin, non può stare tranquillo. «Deve essere più cattivo». La cattiveria è come il coraggio, uno non se la può dare. Dzeko è così, un killer buono. Uno che ti fa male e sorride, uno che ha saputo dire «ho sbagliato» senza dare la colpa a nessuno. Oggi segna come il mostruoso Higuain della scorsa stagione, senza essere il terminale del gioco spallettiano. Sa essere bomber e trequartista, come piace a lui.
IL TOP – E’ il giocatore che ha effettuato più tiri in questo campionato: 68 conclusioni, 10 gol (tre doppiette, con Crotone, Napoli e Sassuolo) e cinque in Europa League (una doppietta con l’Austria Vienna e un tris con il Viktoria Plzen). E quattro sono gli assist in A (più uno in Europa League), tanto per tornare al discorso di prima, perché Edin, come sostiene Spalletti, sa fare tutto, ma allo stesso tempo deve essere più duro sotto porta, perché sbaglia ancora diverse occasioni da rete. «Ora sto bene, il passato è alle spalle. Conta solo il futuro. Quello dello scorso anno non ero io», va ripetendo Edin da un bel po’. E i numeri sono con lui anche nelle precedenti esperienze, dove non si contano solo le reti: al City, ad esempio, ha lasciato in dote 189 partite, 72 gol e 39 assist, nel Wolfsburg 142 presenze, 85 reti e 35 palle gol. L’unica stagione andata male è stata quella passata, quella dell’illusione, quella delle centinaia di tifosi andati ad accoglierlo a Fiumicino con la speranza di aver ritrovato il nuovo Batistuta. Perché da queste parti, Batistuta (e non solo lui) vuol dire scudetto.
Con Garcia prima e con Spalletti poi, Edin non ha dato il meglio di se: otto gol in campionato (tre con Rudi e cinque con Lucio), due in Champions (nella gestione Garcia), questo lo score, misero per uno come lui. Quest’anno, come detto, è a quota dieci, capocannoniere del campionato con Belotti e Icardi, stesso numero di gol di Higuain nelle prime tredici giornate della passata stagione. Quindici totali tra serie A e Europa League, più tre con la nazionale della Bosnia. Nessuno come lui: Icardi è a 12 centri complessivi, Belotti e Immobile a 10, Higuain è fermo a 9. I dieci gol di Edin in campionato (tredici gare, 1131 minuti complessivi): ogni volta che è andato in rete, la squadra ha vinto, grazie ai suoi dieci gol distribuiti in sette partite. Il “problema” è che non segna da tre giornate (Empoli, Bologna e Atalanta) e in due di queste la Roma non ha ottenuto il successo, portando a casa solo un punto. Con il Bologna, a lui si è sostituito Salah, che ha segnato una tripletta.
SALVATE MOMO – L’altra sera Salah si è beccato qualche fischio dal pubblico (esiguo) dell’Olimpico per aver fallito due/tre occasioni da gol. Qualche dato: l’egiziano è uno che in sessanta partite giocate in A è andato a segno 28 volte, con 16 palle gol all’attivo. Quest’anno, con la Roma, è stato decisivo in sei occasioni (vale una la tripletta al Bologna) segnando in sei partite. Gli assist sono cinque. Così, per dire.