La «Sindrome cinese» – che diventò il titolo di un bel film datato 1979 – avrebbe a che fare con un possibile incidente a una centrale nucleare tale da perforare la crosta terrestre e arrivare fino all’altra parte del mondo (e per gli Stati Uniti si parlava appunto di Cina). Ecco, nell’esplosione del sentimento giallorosso di questi tempi, l’arma «atomica» proibita ha un solo nome, Edin Dzeko. Così «perforante» da far ritornare d’attualità le voci dell’estate scorsa riguardo un interessamento di club cinesi per il centravanti bosniaco.
CINA E DINTORNI – Come riporta «Goal.com», il Tianjin Quanjian, squadra che ha vinto la serie B cinese con Fabio Cannavaro alla guida: avrebbe offerto 30 milioni di euro alla Roma per acquistare il cartellino dell’attaccante bosniaco già a gennaio. Al calciatore inoltre sarebbe stato proposto un contratto da 15 milioni di euro all’anno. Vero o falso che sia – il club giallorosso smentisce con decisione – dall’altra parte del mondo faranno bene a mettersi il cuore in pace, perché se la Roma ha chance (e ne ha) di vincere qualcosa quest’anno, è proprio grazie a Dzeko, che in questo scorcio di stagione giallorossa ha segnato già più gol (12) di tutta la scorsa annata (10), e con una media all’altezza dei tempi del Wolfsburg 2008-09, quando arrivò a conquistare il titolo in Germania.
SQUADRA IDEALE – Le cifre e le prestazioni del centravanti della Roma Usa – per i cui proprietari, secondo il presidente del Coni Malagò, «bisogna avere gratitudine, se hanno salvato il club dai problemi» – sono così inoppugnabili che non sorprende come la Uefa ieri lo abbia inserito nella formazione ideale della settimana di Europa League. Dzeko sembra essere il giocatore per cui, nell’estate 2015, si erano mossi centinaia di tifosi per accoglierlo all’aeroporto sognando grande calcio. Forse non sarà il nuovo Batistuta, come pure direbbero le cifre, ma di sicuro è ciò di cui sembra avere bisogno la Roma per restare nei quartieri alti del calcio italiano ed europeo.
FARAONE IN LOTTA – Ma il calcio di vertice è necessariamente spietato e così – per un attaccante in decollo verticale – ce n’è un altro che, pur lievitando nelle prestazioni, corre il rischio di tornare a essere un dodicesimo uomo. Parliamo di Stephan El Shaarawy, che ha vissuto un inizio di stagione in sordina ma che, soprattutto quando Perotti è stato fuori, ha dimostrato di essere pienamente nel progetto Roma. Il problema (per lui) è che col ritorno dell’argentino e il rientro domani di Salah, il rischio di tornare in panchina contro il Bologna si fa sempre più forte, tant’è che i pubblici appunti di Spalletti sono spesso evidenti.
NAZIONALI OK – La buona vena del Faraone, però, potrebbe essergli utile per ritrovare la Nazionale, il che in questo periodo sembra una (benedetta) eccezione a Trigoria. Per la gioia dello staff tecnico, infatti, non sono stati convocati per le rispettive selezioni Nainggolan, Strootman e Rüdiger (che salterà il match con l’Italia). Ottime notizie, visto i problemi – di natura diversa – che negli ultimi periodi avevano coinvolto tutti e tre i giallorossi. Al momento, però, tutti i guai (o quasi) li sta risolvendo il capocannoniere Dzeko, ma con un’avvertenza: se una squadra si può permettere di avere un Faraone in panchina, è segno che vuole fare davvero qualcosa di grande. Italia o Europa fa lo stesso. La Roma c’è, e adesso non vuole fermarsi più.