Se qualche settimana fa sembrava addirittura vicino a una partnership con la Roma, ora, la società giallorossa mette nero su bianco che con l’immobiliarista ceco, Radovan Vitek, «non ha mai assunto alcuna obbligazione». Vitek, in trattativa per rilevare da Eurnova i terreni di Tor di Valle e il progetto Stadio, diventa il terzo incomodo nella querelle fra i due ex soci nel progetto Stadio, la Eurnova di Luca Parnasi e la As Roma.
E se anche Vitek chiudesse la trattativa (nuova data: metà aprile), questo non cambierebbe le cose per i giallorossi. In una lettera del 23 marzo che Trigoria ha spedito a Eurnova si chiariscono tutte le ragioni che hanno spinto i giallorossi a chiudere il rapporto con la società di Parnasi.
In partenza, tre punti: il pignoramento dei terreni; metà del capitale sociale di Eurnova è «oggetto di pegno a favore della Sais» di Papalia impedendo la sottoscrizione della convenzione urbanistica; e le «critiche condizioni economico-finanziarie» della società di Parnasi impedirebbero di adempiere alle obbligazioni, ad esempio le «rilevanti garanzie fidejussorie».
Questi tre elementi, portano la Roma a ritenere non più «efficace» l’accordo con Eurnova siglato nel 2014 anche perché le due «parti non hanno mai raggiunto alcun accordo né sulle relative condizioni economiche né sui termini di utilizzo dello Stadio».
Tant’è, aggiungono da Trigoria, che quell’Accordo del 2014 è «una mera presa d’atto» di quanto «richiesto» dalla norma. Questo va aggiunto il rapporto Eurnova/Vitek: «Eurnova non può vendere Tor di Valle senza incorrere in significative responsabilità (anche penali)» perché prima va approvato il piano di ristrutturazione del debito e poi «a causa dell’ipoteca di Equitalia». Perciò, anche se «l’impegno a vendere potesse essere eseguito e l’area fosse libera» da ipoteche «Eurnova perderebbe la proprietà dell’area» e la Roma non ha obblighi verso Vitek.
Da ultimo, la Roma si toglie un sassolino dagli scarpini: «è pacifico che Eurnova ha significativamente rallentato la procedura» a causa dell’inchiesta della Procura e «non ha neppure comunicato alla Roma e al Comune di aver perso la disponibilità dell’area e dato in pegno il 50% delle azioni a Sais», fatti che la Roma ha appreso dal Comune che li ha saputi «soltanto per cura di terzi» (la lettera dell’avvocato della Penelope di ottobre scorso). Insomma, volano stracci.
FONTE: Il Tempo – F. M. Magliaro