Dottore, chiamate un dottore: eccolo, Edin. Edin Dzeko, dottore, appunto: in Management dello Sport presso la facoltà di Sport ed educazione fisica a Sarajevo. La Roma difranceschiana ha sempre più la firma del bosniaco e ora come ora anche necessità di un dottore. Dottore ora, dirigente in futuro, Dzeko. Oggi un numero 9 indispensabile, più in là una testa pensante a disposizione del calcio, magari proprio della Roma.
IL RUOLO – Edin è quel numero 9 che è anche un 10, perché è spietato nel cuore dell’area e sublime alle sue spalle. Un centravanti trequartista, che adesso dovrà andare avanti senza il traquartista, quello vero, cioè Pastore. Edin è abituato a giocare senza uno con le caratteristiche del Flaco ed ora, per forza o per fortuna, ne dovrà fare a meno, perché Javier è fermo ai box. E poi questo è il periodo giusto per Edin, la sua Primavera, anche se siamo alle porte dell’autunno. Un caso, ovvio, che l’anno passato Dzeko abbia cominciato a macinare dalla fine di settembre fino a tutto ottobre, il periodo che aveva illuso la Roma, finita poi in letargo nel periodo invernale. Edin, il primo timbro in campionato lo ha messo alla seconda, contro l’Inter, lo scorso 26 settembre: da lì in totale nove gare undici reti, comprese le tre di Champions (due al Chelsea e una al Qarabag). La striscia di Dzeko, Inter compresa: due gol con il Verona, due con il Benevento, uno con l’Udinese e uno con il Milan. Una ripartenza folgorante. Anche lo scorso anno, l’inizio è stato caratterizzato da un certo nervosismo. Dopo la partita contro l’Atletico all’Olimpico, quella che fece infuriare Pallotta e non solo, Edin si lamentò: «Poche palle a disposizione, troppo isolato», questo il senso del discorso post 0-0 contro Simeone. Di Francesco gli rispose a tono: «anche lui faccia di più», sempre in sintesi le parole del tecnico. Insomma, la barca era partita male. Difficoltà di tutti, nervosismo generale.
VECCHIE FRIZIONI – Qualche frizione è stata superata di slancio, con l’aiuto dei risultati. Quelli che stanno mancando in questo periodo: di buono, dal punto di vista di Dzeko almeno, c’è che l’unica vittoria della Roma in queste prime tre partite di campionato, porta la firma diel dottor Edin: era Torino, faceva caldo. C’era Strootman. Sembra passata una vita, ma è poco più di un mese. Da quel pomeriggio, l’alba del campionato, un pareggio deprimente con l’Atalanta e la sconfitta a Milano prima della sosta. Lo stop ha ridato a Dzeko, oltre al dottorato, anche un po’ di energie in più. La nazionale per lui è sempre un bel rifugio. Non ne può fare a meno, nonostante i suoi trentadue anni, ma Edin è il calciatore con più presenze con la nazionale bosniaca e non ha intenzione di mollare. Quindi, ben venga la nazionale e ben venga la Roma, con la quale ha tanta voglia di vincere e di aiutarla a guarire. La Roma aveva scelto lui e a gennaio scorso lui ha scelto la Roma e non il Chelsea. Chievo e poi Madrid, due partite attaccate e la voglia di esserci in entrambe. Dietro di lui, Schick, l’amico con cui in campo battibecca spesso, perché il vecchio è maestro del giovane e allo stesso tempo amico e rivale. Patrick vuole il posto di Edin, normale che sia così. C’è tempo e ci sarà occasione, perché Dzeko non potrà ripetere i numeri dello scorso anno, quando Di Francesco lo ha tenuto in formazione quarantanove volte tra campionato e Champions. Un indispensabile. Ieri come oggi, con un anno in più. E in più anche una laurea.