Il Divino conserva sempre uno straordinario fascino. Paulo Roberto Falcao guarda incantato le meraviglie del Salone dei Cinquecento. E abbinando il concetto di arte al calcio dedica i suoi primi pensieri a Totti. «Francesco – spiega il campione brasiliano – avrebbe meritato di vincere il Pallone d’oro. È un giocatore straordinario. E Spalletti lo sta gestendo nella maniera giusta».
La Roma dovrebbe allungargli il contratto? «Totti è ancora importante, lo ha dimostrato anche nell’ultima gara di campionato. Magari non può più garantire tutta una partita al cento per cento. Gli anni passano anche per lui. Ma giocando trenta minuti può inventare qualcosa di decisivo in qualsiasi momento. Quanto al suo contratto credo che sia Francesco a dover decidere se continuare oppure no. E le sue scelte dovranno essere accettate da tutti. Un campione come Totti deve essere rispettato per quello che ha dato la Roma».
Anche Spalletti ha il contratto il scadenza… «Luciano mi piace come allenatore. È preparato. Uno come lui non me lo farei scappare. Lui è uno dei segreti di questa Roma».
I giallorossi sono l’anti-Juve? «La Roma ha imparato a vincere anche giocando malino. È successo a Udine e anche contro il Genoa. È un buon segno. Vuol dire che la squadra è solida. È questo il segreto per conquistare gli scudetti. Del resto…».
Del resto? «Sono anni che la Roma è lassù in classifica. Questo vuol dire che tutti stanno lavorando bene. Il problema è che la Juve batterà il Crotone nel recupero e quindi in realtà i bianconeri hanno quattro punti di vantaggio. Il campionato è riaperto ma la Juve resta la favorita. Come sempre. Era così anche ai miei tempi. La Juventus è la Juventus»;.
Quale è il suo rapporto con Roma? «Per me ci sono due capitali nel mondo: Porto Alegre e Roma».
Napoli e Roma sono le due formazioni più divertenti del campionato? «Si. Giocano un calcio veramente piacevole. Sarri ha fatto un ottimo lavoro alla guida del Napoli. All’inseguimento della Juve ci sono tre avversarie credibili: Roma, Napoli e non dimenticherei neppure il Milan di Montella. Un Milan giovane e interessante».
Cosa prova a essere entrato nella Hall of Fame del calcio italiano? «Nel mio Paese si ricorda che ci sono solo due momenti in cui sei amato da tutti: quando nasci e quando muori. Questo premio testimonia dell’amore che mi sono conquistato durante la mia permanenza a Roma. Ed è una bella sensazione che mi riempie come uomo prima ancora che come calciatore. Tra l’altro sono orgoglioso di aver ricevuto questo riconoscimento insieme a una grande figura come Nils Liedhlom. Un allenatore, anzi un uomo, al quale devo tantissimo. Quando sono arrivato in Italia, lui mi ha domandato quale maglia indossare e io ho chiesto la 5. Forse sono stato il primo a scegliere quel numero per quel ruolo. Sono nato nella generazione in cui i numeri 10 facevano la storia, ma spero di aver dato un contributo importante per il calcio sia in Italia che a livello mondiale».
Lei era considerato un brasiliano poco brasiliano… «Ho avuto come maestro Dino Sani, che è stato un grande giocatore del Milan. Quando ero ragazzino lui mi spiegò che in Brasile quando ti arriva un pallone prima lo fermi con il petto poi elegantemente lo metti a terra e infine lo consegni ad un compagno. Lui mi ha insegnato a passarlo di prima. La velocità di esecuzione è fondamentale nel calcio. Una lezione che mi ha accompagnato in tutta la carriera».