Una settimana più che complicata per la Roma tra carte bollate, Pec, ricorsi e udienze in tribunale. Ieri pomeriggio si è infatti pronunciato il Tribunale Federale Nazionale in merito al caso del mancato rispetto del distanziamento anti-Covid nella partita disputata al San Paolo contro il Napoli e gli uomini guidati dal presidente Mastrocola hanno dato ragione alla Procura Federale e torto ai giallorossi. Gli 007 federali avevano deferito l’amministratore delegato Fienga, il dottor Manara e la società di Trigoria per responsabilità oggettiva, con il TFN che alla fine ha deliberato per un’inibizione da 30 giorni per il Ceo capitolino, per una squalifica da 20 giorni per il medico e per un’ammenda da 7mila euro alla società di Friedkin.
Nel primo grado di giudizio non è stata accolta la richiesta dell’avvocato Conte, difensore della Roma, di poter sentire altri testimoni oltre ai deferiti ed è stata quindi presa la scelta di presentare ricorso alla Corte Federale d’Appello. L’inibizione comporta che Fienga non potrà rappresentare il club in ambito federale, non potrà accedere al campo e agli spogliatoi durante le partite e avrà il divieto di partecipare a riunioni con tesserati o con agenti sportivi, complicando le trattative di mercato (potrà però esercitare l’attività amministrativa e firmare i contratti).
E’ contestualmente in fase di preparazione il ricorso della Roma sul “caso-Diawara” che ha portato al 3-0 per il Verona a causa degli errori commessi nel comporre le liste. In questo caso toccherà alla Corte Sportiva d’Appello esaminare il caso, ma il presidente Sandulli – potrà essere ricusato dopo queste dichiarazioni – è già stato chiaro: “Non conta se c’è stato un vantaggio effettivo, ma conta l’utilizzo del calciatore. Le regole le hanno fatte le società, loro hanno stabilito queste liste e devono ricordarsene”.
FONTE: Il Tempo – F. Biafora