Il conto alla rovescia continua: tra 72 ore la Roma sarà di Dan Friedkin. A distanza di migliaia di chilometri, ma solo per le regole sul distanziamento sociale. Il passaggio di proprietà avverrà attraverso un complicato giro di procure inviate via Pec tra il Texas, Londra e lo studio legale romano che ha seguito sin dall’inizio la trattativa. Per il primo viaggio in Italia da presidente invece Friedkin dovrà aspettare più di quanto sperasse, a causa delle restrizioni sul Covid dirette ai Paesi ad alto rischio come gli Stati Uniti: se decidesse di sbarcare a Roma prima del 7 settembre, quando scadrà il decreto, dovrebbe poi sottoporsi alla quarantena.
Poco male, lo scambio di documenti procede spedito e porterà al famoso closing dopo Ferragosto, lunedì, salvo rinvii tecnici che al momento non sono stati chiesti dalle parti. Chi sta vicino a Friedkin ne racconta la grande eccitazione per una nuova sfida, ma anche l’umiltà nell’approccio: non conoscendo il calcio e le sue dinamiche, il nuovo padrone della Roma intende entrare con sobrietà nel sistema, rimandando rivoluzioni che in questo momento storico avrebbero poco senso imprenditoriale. Il suo progetto è di lungo periodo, ambisce a una crescita graduale e non spericolata.
Quanto a Pallotta, invece, il suo saluto alla Roma si annuncia poco glorioso: il suo progressivo allontanamento dalle cose della squadra – non ha neppure mai visitato la sede dell’Eur che è stata inaugurata dal premier Conte e dal sindaco Raggi – gli ha fatto perdere consenso anche da tanti dei tifosi che ne appoggiavano la politica aziendale, riconoscendogli dei meriti. Emerge a questo proposito un particolare: Pallotta ha chiesto ai dirigenti della Roma in carica, da Fienga in giù, di non entrare in contatto con Friedkin e il suo staff fino alla conclusione definitiva della trattativa. Evidentemente non si sente ancora sicuro al cento per cento del passaggio di proprietà. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida