L’inedito è comunque affascinante, anche se in palio, subito dopo Ferragosto, c’è già la Champions. La Roma, per la prima volta, si ritrova in sala d’attesa. Mai nella sua storia, con 11 partecipazioni, ha dovuto passare dal playoff per accedere alla fase a gironi del più prestigioso torneo continentale. Due partite da dentro e fuori, l’andata al Dragao di Oporto mercoledì 17 e il ritorno all’Olimpico mercoledì 23, per entrare tra i 32 migliori club d’Europa, come è accaduto nelle ultime due stagioni e in passato. Le società italiane, recentemente, hanno spesso fatto cilecca ai preliminari. Che sono scomodi, perché vanno spesso a incidere sull’annata, più per una questione fisica che psicologica. Anticipare e forzare la preparazione, a volte, non aiuta più avanti. Ma niente è scritto. Oggi come ieri. Il Milan, nell’estate di 10 anni fa (quella di Calciopoli), partì da lontano e alzò la coppa nel 2007.
TOP CLUB Solo il City, guardando al ranking Uefa, sarebbe stato rivale peggiore del Porto. La Roma, però, non si presenta certo da outsider. Nell’edizione scorsa è uscita agli ottavi contro il Real che a fine maggio è diventato campione. Senza segnare gol, pur chiudendo poi con il miglior attacco della serie A, ma anche senza sfigurare. La rosa, ancora incompleta, andrà migliorata entro il 31 agosto, cioè prima dello stop alla sessione estiva del mercato, a centrocampo e forse davanti. Ma la base è valida e il girone di ritorno dell’ultimo torneo è la dote da portare in Europa. Nuno Espirito Santo ha addirittura più responsabilità del suo collega. I dragoes hanno cambiato tre tecnici in 12 mesi. Terzi e staccati di 15 punti dal Benfica e di 13 dallo Sporting Lisbona, non vincono il titolo da 3 stagioni. Solo il palmares, prima di scendere in campo, fa la differenza: 27 campionati e 2 Champions (l’ultima con Mourinho nel 2004 e la prima quando era ancora Coppa dei Campioni), 1 Coppa Uefa, 1 Europa League, 2 Intercontinentali, 16 successi nella Coppa del Portogallo, 20 nella Supercoppa portoghese e 1 Supercoppa europea. Il nuovo allenatore può insistere sul 4-3-3 o virare sul 4-2-3-1 che, venerdì, ha utilizzato per vincere in trasferta, al debutto in campionato, contro il Rui Ave. Il leader Casillas in porta, il regista Herrera e l’esterno offensivo Brahimi come punti di riferimento di una squadra poco equilibrata, lenta dietro e veloce in attacco.
IMPREVISTO FASTIDIOSO Spalletti, durante la tournée negli USA, ha perso Mario Rui. Il grave infortunio al mancino portoghese, da sommare al crac di Ruediger, ha ulteriormente complicato il percorso della Roma verso il play off. È uscito di scena il terzino sinistro titolare e soprattutto l’unico specialista in quel ruolo. L’acerbo Emerson sarebbe un ripiego, così come il centrale Juan Jesus diventerebbe un adattato. Così Lucio è stato costretto a rivedere la strategia. Tatticamente, senza Mario Rui, la squadra non sarà la stessa. Dietro la linea a quattro prevede al momento proprio Juan Jesus a sinistra e Florenzi a destra, in attesa di avere a disposizione Bruno Peres. Altre soluzioni possono nascere in corsa, passando alla difesa a tre, anche grazie all’arrivo di Vermalen (e di Fazio, come cambio), con Florenzi (poi Peres) pronto ad alzarsi a centrocampo. Dalla posizione dell’esterno destro, in altalena sulla facia, dipenderà il sistema di gioco. Dal 4-3-3 che, con Nainggolan più alto come nella stagione scorsa, si trasforma nel 4-2-4 (o nel 4-2-3-1), ecco il 3-5-2 stile Conte, con il terzino che arretra in fase di non possesso per difendere con il 4-4-2.
DOPPIA OPZIONE Il precampionato di Dzeko, più preciso ed efficace da luglio davanti alla porta (13 gol in 6 test estivi), permetterà a Spalletti di riprendere in considerazione la formula con il centravanti. Nella stagione passata puntò sul falso nueve, con Perotti play offensivo in mezzo agli esterni Salah ed El Shaarawy. Adesso torna d’attualità la soluzione con la prima punta che, già nel playoff, può fare la differenza. Nel primo caso la Roma è più equilibrata, nell’altro più spericolata.
SENZA PARACADUTE Il primo step è la qualificazione alla fase a gironi. Che porta milioni di euro nel forziere della società giallorossa (30 più gli incassi al botteghino, ma non sarà possibile arrivare ai 77,1 dell’ultima edizione: dopo i preliminari rimasero solo la Juve e la Roma che, quest’anno, da terza prenderebbe pure meno) e qualche rinforzo di qualità. Se andrà bene, ci sarà di nuovo il rischio di ripartire però dalla quarta fascia. Per essere in terza, come l’anno scorso, devono essere eliminate nel playoff quattro avversarie tra Manchester City, Villareal, Ajax, Viktoria Plzen, Salisburgo e Borussia Moechengladbach, club piazzati meglio nel ranking Uefa. Ma c’è di mezzo il Porto. Quindi è ancora presto per pensarci.