Il bagnino che nell’estate 2020 salvò la Roma in un mare di debiti – onde altissime che nemmeno a Peniche – consentendo a un soccorritore americano e a suo figlio di praticare la respirazione bocca a bocca (millions), lascia la spiaggia, che non è più l’ultima, e poco importa che si tratti di remissione delle deleghe o di altro. Dopo quasi tre anni da amministratore – e nel complesso otto nel club -, Guido Fienga riduce infatti il proprio impegno al ruolo di advisor: dal primo gennaio lo sostituirà come ceo e direttore generale Pietro Berardi, ex Pirelli.
Cinquantun anni, imprenditore e professionista di formazione economica, nel 2013 Fienga non era un uomo di calcio, mentre oggi lo è (ha acquisito notevoli competenze): ha cominciato nella consulenza di management per poi focalizzarsi in progetti internazionali e nel settore Mergers and Acquisitions. «All’attivo – questo lo riprendo da una delle tante biografie presenti nella rete – ha la creazione, l’individuazione come early investor e la gestione di numerose startup ad alto potenziale di successo come Wind, Sistemia, Air Plus TV, Amazon Life».
Recentemente ha preso la maggioranza di Red Public, la prima società di consulenza strategica al 100% femminile. L’azienda è attiva in quattro aree: iniziative per inclusività e gender equality, strategie brand e corporate, trasformazione tecnologica e digitale, ingegnerizzazione dei processi e gestione del cambiamento. Trascurate le note su paradisi fiscali e Vergini (isole), il Fienga romanista, spesso tra due e più fuochi, ha avuto la fortuna/sfortuna di favorire e gestire il passaggio da Pallotta ai Friedkin, dovendo peraltro misurarsi con le difficoltà moltiplicate dalla pandemia.
Nell’estate 2020 la Roma era prossima al fallimento, al punto che la federazione aveva minacciato di non iscriverla al campionato, Fienga riuscì a tenerla in linea di galleggiamento riducendo i costi e, una volta chiuso bruscamente il rapporto con il ds Petrachi (che non figura tra i suoi simpatizzanti) si distinse anche sul mercato. Fienga dovette, tra le altre cose, trattare l’addio a De Rossi, che avrebbe voluto tenere con un incarico non soltanto rappresentativo, e tentò di portare alla Roma Conte, Gasperini e Mihajlovic. Infine, nel corso della battaglia in Lega su diritti tv, media company e fondi è stato il capo dell’opposizione alle big che puntavano su Dazn e sul no ai private equity e a un nuovo management.
Da molti mesi i Friedkin si occupano in forma diretta della Roma: la riduzione dello spazio operativo l’ha indotto a riflettere sulla propria posizione e, appunto, a farsi da parte.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni