E, poi, ci sono i numeri. Oltre le polemiche, le chiacchiere, i si dice, i pettegolezzi, le (presunte) liti, le bocciature, le figuracce norvegesi, gli errori, gli orrori e le bolliture varie. Oltre tutto questo, ci sono i numeri. Che raccontano cose certe, a prova di opinione: la Roma è al quarto posto in classifica, a due punti dall’Inter campione d’Italia, con la seconda miglior difesa del torneo. E davanti ad Atalanta, Juve e Lazio. Segno che la squadra di Mourinho, reo di aver battezzato pubblicamente alcuni giocatori bravi e altri scarsi, non sta facendo così male.
Si può dire questo oppure è più comodo salire sul carro di chi ignora la realtà? Si possono discutere i modi del portoghese; si può stabilire che avrebbe fatto meglio a esibirsi dialetticamente in maniera diversa dopo l’horror di Bodø, che sarebbe stato meno traumatico continuare con il tran tran delle frasi scontate, ma la partita contro il Napoli ha dimostrato che ha avuto ragione lui a usare una strategia così forte. Perché nella Roma ci sono i Buoni e i Cattivi, e con i secondi non vai da nessuna parte. Se/quando Mou può contare sui suoi uomini, che arrivano – e faticosamente – a una dozzina abbondante, la Roma è una squadra compiuta. Senza quelli, è appena appena abbozzata. Dunque diversa, meno forte.
Più che spaccare lo spogliatoio, Mou ha spaccato la Roma in due: la sua Roma e quella degli altri. Con i quali il portoghese dovrà forzatamente fare i conti nei prossimi mesi, perché non si può giocare sempre con gli stessi. Come farà, come ci riuscirà? Lo scopriremo solo vivendo, si sa. Analizzando ulteriormente i numeri, si ha ancor più la sensazione che Mourinho sia oggettivamente dalla parte del giusto. Perché se con questa rosa la Roma riesce a viaggiare al quarto posto, vien da sé ipotizzare che con un gruppo più completo le cose sarebbero andate in maniera migliore. Non c’è la controprova, vero; non c’è neppure, però, riguardo la gettonata casualità del rendimento romanista. La Roma ha vinto lo stesso numero di partite dell’Inter, una in più di Atalanta, Juventus e Lazio eppure c’è chi ha (già) parlato/scritto di crisi. Fregandosene dei numeri e spacciando le proprie opinioni per notizie, come va di moda fare adesso.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti