Settantasette gol messi a segno in trentotto partite di campionato non dipingono esattamente una squadra con problemi realizzativi. Eppure per buona parte della stagione il feeling fra la Roma e le reti avversarie non è sbocciato. O meglio: le cifre sono risultate di gran lunga inferiori rispetto alla mole di gioco prodotta, alle occasioni create e soprattutto al tasso tecnico a disposizione in rosa. E quasi un terzo dello stesso bottino complessivo è stato conquistato nelle ultime otto giornate, che valgono come le ventisei disputate prima del lockdown solamente per gli almanacchi: la quantità di variabili nel calcio estivo a ritmi battenti e privo di pubblico è stata enorme. Il giudizio globale non può non tenerne conto. Tanto che la certezza della permanenza nella Capitale al momento appartiene a tre dei sette componenti del reparto: due campionissimi affermati da anni più l’ultimo arrivato.
EDIN DZEKO Le definizioni per sintetizzare la sua importanza nella Roma sono esaurite da tempo: leader, bomber, recordman le più significative. Ma da continuare ad aggiornare dopo l’ennesima stagione da protagonista assoluto. L’update del software numero 9 è in continua evoluzione. Capitano designato da gennaio – con la partenza di Florenzi – ma in realtà elemento portante dello spogliatoio da molto prima di ricevere i gradi, dotato del necessario carisma per caricare o caricarsi l’intero gruppo, a seconda delle necessità. Strepitoso centravanti di manovra, capace di essere incisivo direttamente come di mandare in porta i compagni, proteggendo il pallone col suo fisico portentoso e creando con la tecnica del trequartista linee di passaggio invisibili agli occhi dei comuni mortali. Cavallo di razza capace di marchiare a fuoco il proprio nome nel libro d’oro della storia del club: 106 gol complessivi, quarto di ogni epoca, primo fra gli stranieri, a un passo (cinque lunghezze) dal podio all time.
Tutto in soli cinque anni. E pensare che appena la scorsa estate tutti – lui per primo – erano convinti che la sua avventura giallorossa si sarebbe fermata a quattro. Per fortuna l’idea malsana viene accantonata. E il bosniaco imprime il proprio sigillo sulla stagione fin dal debutto, con una di quelle reti capolavoro cui ha abituato il popolo romanista. Esattamente come l’avrebbe conclusa a Torino, se un millimetrico fuorigioco non gli avesse sottratto il centro numero 17 in campionato. In mezzo, tante vittorie che portano la sua firma in calce e altrettante gare in cui pur non iscrivendosi al tabellino dei marcatori, conduce la squadra per mano. Non sempre seguito da chi gli sta intorno. Un limite estraneo, che però tende a incidere anche sul suo umore, portandolo al di sotto dei suoi straordinari standard. Ma se così non fosse, sarebbe un marziano. Invece la valle dell’Edin è ben piantata su terra. Romana.
NIKOLA KALINIC Prelevato (in prestito) dall’Atletico Madrid col chiaro intento di trovare non solo un centravanti di scorta credibile e di esperienza, ma un vero e proprio alter ego di gioco a Dzeko. L’ex viola dovrebbe fornire a Fonseca un’altra soluzione senza snaturare i movimenti dei trequartisti; e al tempo stesso far rifiatare il bosniaco. Ma su di lui pesa come un macigno la gara interna col Cagliari, quando entra nei minuti finali per aiutare a scardinare il fortino sardo e come in una favola riesce nell’intento a tempo scaduto. Massa però ha il cuore e fa le veci del cattivo, annullando l’inannullabile, facendo andare il tecnico portoghese su tutte le furie e girando tutte le porte dal lato sbagliato.
Il destino sembra avere un’altra chance in serbo per il croato: nel turno successivo la frattura allo zigomo di Dzeko lo rende titolare con la Sampdoria. Ma a Marassi il perone di Nikola fa crack e da lì in poi esce di scena per mesi, ritrovando qualche scampolo di match in inverno e la prima vera occasione soltanto a Cagliari, il 1° marzo. Lì chiuderebbe il cerchio con una doppietta e un assist, riprendendosi il maltolto e rilanciandosi. Ma è l’ultima prima del lockdown ed è costretto ad aspettare ancora, stavolta l’estate, quando i ritmi serrati lo mandano in campo soprattutto in trasferta: segna a Brescia, Ferrara e Torino con la Juve, una delle sue vittime predilette. Ma forse è tardi per il riscatto. Sul campo e specialmente sul mercato. (…)
FONTE: Il Romanista – F. Pastore