Come se non fosse mai andato via. Il ritorno di Chris Smalling a Trigoria è all’insegna della normalità eccezionale. Ossimoro che sintetizza i due stati d’animo imperanti nell’universo romanista. Da un lato riprende l’abitudine di rivedere il suo inglese preferito correre sui campi del “Fulvio Bernardini”, dall’altro è ancora esultante per un rientro a casa che a un certo punto sembrava davvero una chimera. Normalità da ieri è scorgere le treccine del centrale oscillare in allenamento accanto a quei compagni con i quali non ha mai interrotto i contatti, aggiornandoli costantemente sullo stato della trattativa che lo riguardava. Lunga una quaresima, conclusa con un giubileo.
E il primo a festeggiare (o comunque il più motivato) dev’essere stato Paulo Fonseca, che aveva indicato in tempi non sospetti proprio in Smalling la sua priorità di mercato e che sia pure last second è stato accontentato. Il tecnico ha riabbracciato ieri il suo pupillo, nella seduta mattutina che ha visto Chris riprendere confidenza con quei campi lasciati ad agosto. Una pausa lunga due mesi, durante i quali proprio l’allenatore portoghese ha avuto un ruolo cruciale, sentendo a più riprese il difensore nel corso della sua permanenza forzata a Manchester e rassicurandolo sulla ferma volontà di riportarlo a Roma, a ogni costo.
Metaforicamente e alla fine della fiera anche praticamente. Detto fatto. Il resto è stato possibile grazie alla ferrea volontà e alla resistenza alle tentazioni di altri club da parte di Chris. Magari sarà l’influsso della maglia che ha ereditato, ma esattamente come Aldair e Strootman – i suoi due predecessori col numero 6 sulle spalle – anche Smalling ha impiegato un attimo a innamorarsi di squadra, tifosi e città. Ricambiato ampiamente, già all’arrivo nella scorsa stagione. Sentimento ribadito in occasione del secondo sbarco a Ciampino di due giorni fa. (…)
FONTE: Il Romanista – F. Pastore