Un anno e sei mesi dopo Roma-Lecce – ultima di campionato per i tifosi giallorossi all’Olimpico – ieri sera in 27 mila (sui 32mila annunciati) sono tornati allo stadio per un match di serie A. Un esercito comunque ordinato, certo a tratti rumoroso, e ci mancherebbe altro, accompagnato da cori e qualche petardo a ponte Duca d’Aosta, anche assembrato in certi momenti davanti ai bar sul lungotevere, sotto le arcate, ma anche all’esterno dei locali di fronte all’aula bunker per assistere in tv alle altre partite della prima giornata di campionato. Senza mascherine, quasi tutti, almeno prima di mettersi in coda al gate in attesa del proprio turno, con il bicchiere di birra in mano.
Ma felici di essere ritornati al passato. E soprattutto attenti a non creare problemi per rovinare il battesimo dell’Olimpico post-Covid. Cinque file ordinate di tifosi a ogni varco. Prima gli steward addetti al controllo della certificazione, poi quelli per la verifica dei biglietti per Roma-Fiorentina, infine quello della polizia per le perquisizioni e il metal detector. In mezzo anche il tunnel per la misurazione della temperatura. Se va tutto bene, meno di due minuti a tifoso. La maggior parte è passata senza intoppi, qualcuno ha sbiancato quando lo scanner non ha riconosciuto il green pass, ma solo per pochi secondi, altri invece, come detto, sono stati respinti. Una percentuale comunque non altissima, stimata nell’1-2%.
Nessun problema invece per quasi tutti coloro che hanno mostrato, cartaceo o digitale, il lasciapassare europeo, ottenuto dal sito del ministero della Salute. “Ma poi perché dobbiamo mostrare il green pass per entrare allo stadio se non sappiamo se siamo stati contagiati di nuovo ma asintomatici? E se in questo momento ci stiamo contagiando tutti a vicenda?”, si chiede in fila più di un tifoso vaccinato e anche con la mascherina. Una domanda che ottiene tuttavia poche risposte dai vicini, solo qualche scuotimento di testa. L’importante è entrare all’Olimpico e tornare a tifare per la Magica. Se il Qr code è ok, tutto il resto non conta.
FONTE: Il Corriere della Sera – R. Frignani