“Io non penso a una finale. Io penso che ogni partita sia una finale”. In una vecchia intervista di José Mourinho, risalente ai tempi del Porto, c’è tutto il pensiero dell’unico uomo capace di cucirsi addosso – e tatuarsi sul braccio – le tre coppe europee. Mourinho, fin da quando ha iniziato, non ha lasciato nulla al caso. Mai. Ecco perché ha raggiunto undici semifinali europee in carriera.
Domani inizierà l’assalto alla dodicesima: l’ostacolo è quel Feyenoord che, a Tirana un anno fa, la Roma ha battuto in finale di Conference. Ma Mourinho sa che gli olandesi sono cambiati, hanno voglia di rivalsa e, soprattutto, sui 180 minuti possono essere più pericolosi. Ecco perché la dodicesima semifinale europea, per lui, è tutto tranne che scontata.
Testa bassa e massimo rispetto per il Feyenoord. Profilo ai minimi termini, anche se, in passato, a Mourinho non dispiaceva tirare fuori il palmarès: “Ho disputato la Champions League in 14 edizioni. E le due volte in cui non ho partecipato alla Champions League, ho vinto l’Europa League”. Era il 2018 e, nel frattempo, ha portato a casa un’altra coppa, speciale perché non era mai stata vinta e arrivava dopo la delusione con il Tottenham, l’unico club che ha lasciato a mani vuote.
FONTE: Il Corriere dello Sport – C. Zucchelli