Teme che lo sviluppo del progetto Roma rallenti. Neppure il successo nel derby ha cancellato i dubbi
– Mentre i dirigenti giallorossi sperano che Spalletti si decida in fretta, sciolga le riserve per il rinnovo del contratto, e gli rivolgono appelli da ogni latitudine del mondo (Boston, Dubai, Roma), il tecnico giallorosso riflette sul suo futuro. Lo fa nella quiete della Rimessa, il suo resort a Montaione, tra l’affetto dei suoi cari. Il concetto che ha espresso tante volte è molto semplice e non è cambiato dall’inizio della stagione fino a oggi: «Resto solo se vinco, la mia conferma dipende dai risultati». Lo ripete come se fosse un mantra, come se dovesse isolare quel pensiero e concentrarsi sull’obiettivo, a dispetto di tutti gli elementi di disturbo che trova disseminati sul suo percorso. E’ molto concentrato nel raggiungere obiettivi con la Roma, in un ambiente che lo affascina e lo fa palpitare al tempo stesso. La struttura societaria è molto competitiva ed esigente, ma non ostile, questo è importante. La squadra la considera buona e la sente molto vicina, l’ambiente in generale ha grandi aspettative, anche quello formato dalla tifoseria che Spalletti sente molto presente anche se non va allo stadio.
SIRENE CINESI – Lucio (come lo chiamano gli amici) riflette e la sua decisione sarà molto ragionata, forse sofferta. E potrebbe essere spinto a lasciare, anche se dovesse vincere. Alla guida della Roma ha eguagliato il record di punti nell’anno solare che gli apparteneva (2006), ma non gli basta. Oggi è considerato uno dei migliori allenatori in circolazione, manager internazionali gli fanno la corte per proporgli ingaggi faraonici all’estero, per proporgli una nuova avventura lontana, dopo quella in Russia. Un procuratore a lui molto vicino gli ha parlato spesso della Cina, lo scorso anno aveva avuto qualche contatto, prima di dire sì alla Roma. Lì girano soldi che in Italia non sono nemmeno immaginabili e Spalletti, uomo generoso che paga sempre lui al ristorante, anche quando invita gli amici al migliore ristorante di pesce della Capitale, dopo un triennale potrebbe decidere di ritirarsi definitivamente nel suo resort. La Roma che gli hanno affidato gli piace, i problemi ci sono, è inevitabile, «altrimenti non si perderebbe una partita». Ma sono i limiti di tutte le squadre: spesso per mancanza di esperienza, altre volte perché manca un po’ di cattiveria, difetti ai quali si aggiunge qualche personalismo a volte troppo marcato. Su questo all’inizio si è scontrato con Totti, ma non ce l’ha con lui, bensì con chi lo usa e non lo mette nelle condizioni di preparare il suo futuro da dirigente.