È la sera dei miracoli. Dell’amico ritrovato, dei fischi trasformati in un boato. La linguaccia di Nicolò Zaniolo è una smorfia alla sorte, a due anni d’inferno, cancellati sotto il peso di tre gol che valgono una semifinale europea. S’era presentato al mondo con una doppietta al Porto, in Champions League.
La prima tripletta da professionista gli restituisce una Roma che pareva ormai perduta, e che vale un’Opa sul resto della stagione: una Coppa da vincere, per interrompere il digiuno da trofei che dura dal 2008. Ma ancora una volta l’unica speranza italiana di tornare a festeggiare una coppa europea è legata alla Roma. La prima, grande serata romana di Mourinho, specialista dei quarti di finale: 11 ne ha giocati, 11 volte è andato in semifinale.
Per la Roma è la terza semifinale nelle ultime 5 stagioni: nel 2018 era la Champions, un anno fa l’Europa League, ora la nuova Conference. La vendetta per i sei gol con cui il Bodø a novembre aveva umiliato i romanisti è stata la più rumorosa possibile: 4-0 senza storia e il foglio di via dal torneo.
Ma è fortemente simbolico che a mettere il timbro sul biglietto per Leicester — il 28 aprile la semifinale d’andata in Inghilterra, il 5 maggio ritorno all’Olimpico — sia stato Nicolò Zaniolo: l’emarginato che diventa eroe. Mourinho ha fatto con Zaniolo quello che farebbe un pilota di Formula Uno sul podio con la sua magnum di champagne: ha agitato il loro rapporto, facendo fermentare la rabbia di Nicolò.
Quando poi ha raggiunto il limite, con la panchina contro la Salernitana, ha tolto il tappo. Per godersi le bollicine: ieri, contro il Bodø, Zaniolo è letteralmente esploso. In un istante, quei fischi con cui era uscito dal campo contro il Vitesse e che da un mese gli risuonavano in testa sono evaporati.
“Siamo stati perfetti in fase offensiva e difensiva — dirà Zaniolo alla fine — e sono contento perché ho aiutato la squadra a vincere, la semifinale è un traguardo ma non ci fermiamo qua. Io nei periodi belli e in quelli brutti ho sempre pensato a mantenere l’equilibrio. Nel derby volevo giocare, non lo nascondo, ma rispetto le scelte del mister, ha avuto ragione lui“.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci
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