Il giorno dopo Roma-Avellino inizia il capolavoro di Roma-Juventus. Si pensa a qualcosa di mai visto prima in nessuno stadio in Italia e d’Europa. Qualcosa che renda omaggio a quella che, in quel momento, era forse la miglior Roma di sempre, almeno dal punto di vista del gioco; qualcosa che l’avvolga e la sproni, qualcosa che lasci a bocca aperta tutti, anche i nostri nemici di sempre. Si pensa a uno stadio tutto giallorosso, a una coreografia per tutto l’Olimpico.
(…) Questa Roma merita il più grande riconoscimento possibile, questa è la nostra partita, di fronte abbiamo “loro”. Era la partita. Era la sfida. I 15 chilometri di plastica colorata, non ritagliata con le misure giuste, arrivano proprio dopo la partita del Bentegodi: si passa una settimana a misurare, ritagliare, avvolgere, trasportare, collocare, avere i permessi e la collaborazione di tutti i settori dello stadio per essere pronti alla meraviglia. (…)
Eccole, entrano in campo le squadre. Si srotolano le strisce colorate. Contemporaneamente. Scendono come lava. Come onde. Come qualcosa che pian piano, ma senza freni, si va a depositare in fondo al cuore. L’Olimpico è una bomboniera. L’Olimpico è un sogno. I giocatori della Roma si guardano ovunque e attorno: ovunque è Roma. La stessa cosa fanno quelli della Juve. Platini e Cabrini sembrano increduli. Qualcuno di loro confesserà più tardi: «Avevamo già perso nel momento in cui siamo entrati in campo».
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Quello e forse di più. E quello è stata anche la partita che è venuta, letteralmente, dopo. Praticamente non c’è stata, con la Roma che ha maltrattato la Juventus dall’inizio alla fine, con la Roma che ha segnato il 3-0 con un uomo in meno per l’espulsione (doppia ammonizione) di Pruzzo. Erano 6 anni che non la Roma batteva la Juve all’Olimpico. L’ha schiantata.
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La Roma va a meno tre dalla Juventus ma non pensa allo Scudetto quella sera, non solo perché il distacco sembra troppo a così poche giornate dalla fine, ma perché credo che le bastasse quello che aveva negli occhi e nel cuore. Eriksson, per parlare di quella giornata, tira fuori un’espressione sbagliata ma che ne dà esattamente il senso: «Oggi è stato il colmo della Roma». Intendeva il massimo. Intendeva che più di così, in campo e fuori, non si poteva fare. Intendeva Roma-Juventus 3-0. Il giorno del capolavoro.
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci