Enrico Bendoni è presidente e amministratore delegato della BC Bendoni Communication, società che offre servizi di comunicazione in ogni settore dei media, leader nella consulenza strategica volta alla valorizzazione e negoziazione dei diritti televisivi in ambito sportivo, in particolare in quello del calcio. Bendoni ha ben chiari i motivi della crisi: «Il fatto che non ci sia un allarme generale sugli stadi vuoti è grave: questa immagine dell’Olimpico senza spettatori fa apparire il derby come una partita senza significato e questo prodotto va nel mondo. Il problema è a monte ed è frutto delle scelte che sono state fatte. Tutti i più grandi club europei puntano sugli stadi di proprietà, sulla possibilità di commercializzazione attraverso l’impianto di altri prodotti e servizi, il Real Madrid sta modernizzando il Santiago Bernabeu per renderlo più funzionale e garantire al club una vita più competitiva, per usufruire dell’impianto tutti i giorni».
ESEMPIO INGLESE – Bendoni individua i responsabili di questa situazione: «E’ evidente che c’è un sostanziale disinteresse sul problema e non può non riguardare il Governo, che non tiene conto dei fattori che hanno svuotato gli stadi. Faccio un esempio. Gli inglesi non potranno vedere il Clasico, perché una legge in Inghilterra vieta di trasmettere partite di altri campionati per proteggere il proprio prodotto. L’articolo 14 della Fifa produce un obbligo di garantire la non concorrenza, ma si è indebolito e quasi frenato con le leggi sui diritti televisivi e sulla Comunità Europea che non mantengono in vita questi particolari vincoli di protezione. Alla base di tutto non c’è attenzione per i contributi che dal calcio arrivano all’erario e sono un motore di spinta per tutto lo sport nazionale».
STADI DI PROPRIETÀ – Da anni si discute degli stadi di proprietà, la Roma è impegnata da tempo: «ll problema degli stadi esiste da 30 anni, è stato dibattuto anche dai presidenti precedenti. Roma è stata la città più importante per i ricavi dai biglietti al botteghino. L’avvento delle tv doveva accelerare il passaggio da impianti di proprietà pubblica a quelli di proprietà del club. E’ l’unica soluzione per uscire dalla crisi e riportare la gente negli stadi. La Germania vuole tornare a organizzare i Mondiali nel 2030 per rimodernare gli stadi realizzati nel 2006. Noi invece passiamo da una organizzazione negata all’Europeo, organizzato da Ucraina e Polonia, e da due no alle Olimpiadi. Ma qui nessuno, dal sindaco di Roma ai dirigenti del calcio, si pongono il problema. Deve essere chiaro a tutti che bisogna fare in fretta per gli stadi. Se aspettiamo che la burocrazia garantisca la realizzazione degli impianti il calcio italiano muore. Oggi è al quinto posto, ma retrocede ancora. Eravamo il primo movimento calcistico al mondo alla fine del secolo scorso e non possiamo pagare un dazio così pesante. Il calcio italiano viene ancora visto all’estero come un calcio ricco, con tutti gli stadi vuoti, ma i soldi non li ha. Bisogna essere pronti a fermarsi. Alfano dice che la sicurezza negli stadi è migliorata ma non considera che la gente non va più. Fare uno stadio a Roma non può essere un dibattito pubblico di anni, deve essere una priorità, dopo aver aperto 50 centri commerciali». Ma devono cambiare anche le regole delle televisioni: «E’ evidente che serve una minore distribuzione dei diritti tv, anziché venderne il 220 per cento. Va seguito il modello inglese, che ha prodotto il sold out negli stadi. Gli inglesi ora su 380 partite ne trasmettono solo 168 in diretta. Nessuno vede tutte le partite, i tifosi si abbonano. Anche in Italia si devono studiare soluzioni di questo tipo, per esempio aprire le curve alle scuole e ai bambini. Per rilanciare il nostro calcio servono la gente dentro gli stadi e impianti di proprietà».