Paziente, cinica, ordinata, spietata, essenziale, fisica, sporca, concentrata, tosta e pratica: la Roma, dopo Marassi, fa il pieno degli elogi che, per Spalletti, possono essere i sintomi della svolta nella corsa scudetto. Sterzata caratteriale. Perché finalmente il comportamento è da big. Cioè da grande o, più semplicemente, da squadra. Nel punteggio e nell’atteggiamento, nella personalità e nella gestione. La sintesi dello step, certificato alla fine del girone d’andata dal 2° posto in solitudine, è nel sostantivo che ogni allenatore ripete spesso ai suoi giocatori e anche ai media: l’equilibrio. Che poi, come prima conseguenza, garantisce la solidità (o la compattezza, va bene lo stesso) che rende semplici anche le partite più scivolose, a prescindere dalla scelta degli interpreti. I giallorossi, come si è visto contro il Genoa, ora sanno fare il verso alla Juve dei giorni migliori, quando i campioni d’Italia, senza incantare, si prendono comunque i 3 punti. «Noi, per vincere, dobbiamo sempre essere belli: questo non è possibile in ogni gara e quindi dobbiamo riuscire ad arrivare al successo anche in altro modo», disse Lucio qualche settimana fa, indicando il percorso alternativo al suo gruppo. Via che, per certi versi inedita, si sta rivelando azzeccata.
TAPPA CRUCIALE – Il pomeriggio del derby, lo scorso 4 dicembre, è risultato fondamentale per il nuovo corso. Quel giorno Spalletti ha dovuto rinunciare, per la prima volta, a Salah in campionato. L’attesa sfida contro la Lazio è dunque diventata la prima verifica per il futuro. Che è ormai il presente, con l’esterno offensivo assente in questo inizio del 2017 per partecipare alla Coppa d’Africa. Lucio, pur ritrovandosi senza il suo secondo miglior realizzatore, non cambiò il sistema di gioco, confermando il 4-2-3-1. Ma a destra, davanti a Ruediger, piazzò Bruno Peres, fino a quel momento solo terzino, all’occorrenza anche a sinistra. La Roma, senza lasciare chance ai biancocelesti, si aggiudicò il match: 2 a 0. Quella prestazione fu diversa dalle altre: i giallorossi, meno spigliati del solito, crearono poche occasioni da gol. Ma, al tempo stesso, azzerarono i rischi. L’assetto, insomma, fece la differenza. Prudente e al tempo stesso efficace. Senza mai farsi sfuggire il controllo del match. Stile Juve, per capirsi. Il bis il 22 dicembre, sempre all’Olimpico, contro il Milan: 1 a 0. L’unico pericolo, tra l’altro scampato, su rigore, con parata di Szczesny su Niang. A Marassi l’ultima conferma: 1 a 0 con l’autorete di Izzo e il capolavoro ancora del portiere giallorosso su Ocampos nel recupero.
LENTA CRESCITA – La nuova formula paga: 9 punti, 4 gol fatti e 0 incassati. E sono le 3 partite (delle ultime 5) in cui la Roma ha vinto senza prendere reti (è accaduto in 7 gare: 6 successi più lo 0 a 0 di Empoli). Sono 3 vittorie pesanti. Di sostanza e con personalità. Così Spalletti ha chiuso il girone d’andata con 18 gol subiti. Meno che con Garcia l’anno scorso che ne contò 22, il peggior rendimento della sua gestione (nella prima stagione appena 10 e quella successiva 14). Lucio ha fatto anche 7 punti più di Rudi che però si tiene stretto il primato dei 44 punti in 19 gare (12 gennaio 2014). Inutile, però, essendo la Juve di Conte in quel campionato avanti già 8 punti (sul traguardo, poi, furono addirittura 17).