Una lunga storia di non amore, quella fra la Roma e gli arbitri europei. O meglio, quella dei fischietti internazionali nei confronti dei giallorossi. Perché poi basterebbe che svolgessero bene il compito per cui sono designati, per non aggiungere strascichi polemici a gare già tanto aspre per la posta in palio. Collum è soltanto l’ultimo dei tanti autori di nefandezze che hanno compromesso il cammino nelle coppe nell’ultimo trentennio. Per tenersi stretti.
Il capostipite dell’era moderna non può che essere Spirin. A dispetto del nome assonante con il famoso farmaco, il solo ricordo dell’arbitro sovietico provoca emicrania a chi ha vissuto quella finale di Coppa Uefa contro l’Inter. Altra era, non soltanto per l’Urss ancora in piedi (sia pure claudicante), ma anche per la doppia finale di quella che all’epoca è considerata la terza competizione: nell’andata del Meazza ai nerazzurri viene letteralmente regalato un rigore su Berti, che frutterà il 2-0 finale e l’ipoteca sul trofeo. Al ritorno non basta l’1-0 firmato da Rizzitelli per ribaltare il punteggio.
Gli Anni 90 non sono i migliori della nostra vita e bisogna attenderne la chiusura per puntare a un trionfo (lasciando all’album dei rimpianti la mancata rimonta con lo Slavia Praga). Nei quarti di finale della Uefa 1998-99, alla Roma tocca l’Atletico Madrid. La gara del Calderon si è chiusa con un 2-1 che non appare insormontabile, ma all’Olimpico il giustiziere prende la forma (pingue) e il nome di van der Ende. L’olandese prima espelle Wome, poi annulla il gol – regolare – del 2-1 a Delvecchio e gli nega un rigore solare, infine per completare l’opera caccia anche Totti. Risultato finale: 1-2.
Anche l’era Capello passa attraverso una grottesca serata europea. Nel ritorno degli ottavi di Uefa si va nella tana dell’atavico avversario Liverpool a cercare una delle tante rimonte (im)possibili dopo lo 0-2 casalingo. È l’anno di grazia 2001 e nessuna impresa sembra preclusa a Batistuta e compagni. Ma a dirigere il match c’è Garcia Aranda, lo stesso che sempre in Inghilterra (in quel di Leeds) l’anno prima aveva ridotto la Roma in nove, decretandone di fatto l’eliminazione. Ad Anfield il baffuto spagnolo ne combina di tutti i colori: oltre all’ormai famigerato rigore trasformato in corner dopo aver indicato il dischetto per ben due volte, ne regala uno ai Reds (neutralizzato da Antonioli) e trasforma il finale di gara in una sorta di corrida. L’1-0 firmato Guigou non basta. (…)
FONTE: Il Romanista – F. Pastore