Ve prego oggi no. Non parlate di alibi da dare o no, di gioco o non gioco, di rimonte non riuscite, domani riprendete i vari Pallotta vattene, o che Monchi s’è venduto pure il supermarket e dall’altra parte a dire che va bene sempre tutto (chi lo dice?), ma oggi abbracciatevi la Roma e non fate nient’altro. Il ritornello che non bisogna dare giustificazioni lo conosciamo ma oggi non c’entra niente, perché dire che ieri alla Roma hanno fatto una clamorosa, oggettiva, tecnica, solare, netta, insindacabile, incontrovertibile, lampante, patente, macroscopica ingiustizia è solo cronaca, è appena matematica e non significa dare alibi a nessuno. Ed è triste dover fare pure queste specificazioni.
La Roma con l’Atalanta, il Milan, il Chievo, il Bologna e la Spal era ed è da prende’ a mozzichi, è stato detto, è anche giusto ricordarselo, ma adesso non c’entra niente con il furto di Firenze. Il fallo di Simeone su Olsen – è stato fischiato un rigore perché Simeoni/Simeone è saltato in alto sullo zigomo di Olsen (ci aspettiamo una multa salatissima per il buon Robin, dopo quella presa da Dzeko per aver subito un fallo da rigore non fischiato a Napoli) non ce l’hanno dato per le cessioni, le plusvalenze e tutte quelle storie di milioni e campioni che hanno davvero rotto i coglioni. Domani ognuno riprenda le proprie parti e le proprie convinzioni, i propri tweet e scriva con la vernice sui cartelloni ma adesso stringetevi attorno alla Roma.
Ieri ha pure giocato bene, pure. Ieri meritava di vincere, ieri non aveva niente della squadra senza senso e supponente senza motivo della Spal, del Bologna, del Chievo e così via a ritroso fino al primo tempo horror con l’Atalanta. Ma non è nemmeno questo. È che è una cosa nostra la Roma e non va trattata così; è ciò che ci permette svago o investimenti pure più grandi in termini di sentimenti, ed è una cosa che va rispettata. Mi dà fastidio pure solo a chiamarla “cosa” la Roma. La Roma. E i suoi tifosi. I quasi tremila di ieri a cui giustamente (finalmente) ieri Monchi si è sentito in dovere di parlare “per loro”. Per la Roma. (…)
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