Riuscire a prevedere cosa succederà, quando la Corte di Giustizia sportiva, probabilmente a sezioni unite, sarà chiamata a pronunciarsi sul ricorso che, certamente, verrà presentato nell’interesse di Paulo Fonseca, è impresa più difficile rispetto a quella di indovinare un caro vecchio tredici al Totocalcio.
Da sempre, infatti, gli organi giudicanti perseguono un loro personale convincimento e si regolano di conseguenza, convinti di dare la corretta interpretazione alle farraginose norme della cosiddetta Giustizia sportiva. Questa incertezza, dovuta spesso al notevole spessore giuridico di chi è chiamato a decidere, crea una quasi impossibile possibilità di anticipare quello che sarà l’esito del giudizio. Nulla è più incerto della Giustizia sportiva, in buona sostanza, come nulla è più incerto del comportamento dei singoli arbitri. Con la differenza che mentre i Giudici interpretano secondo le proprie conoscenze giuridiche, gli arbitri talvolta paiono applicare il decalogo di Orwell nella fattoria degli animali, ma quello nel quale, a forza di abrogare norme, ne rimase in vigore una sola (per altro modificata rispetto a quella originaria).
Il provvedimento adottato nel comunicato ufficiale dell’8 ottobre 2019 è ormai noto ai più. Fonseca ha avuto due giornate di squalifica, con l’aggiunta di una sanzione di 10.000 euro, che derivano dalla sommatoria di due distinte sanzioni. La prima, con la squalifica per una giornata, dovuta al doppio cartellino giallo mostratogli a fine gara dal solerte arbitro Massa, la seconda per il “fare minaccioso ed aggressivo urlando diverse volte una frase irrispettosa” seguito alla notifica del provvedimento di espulsione.
Orbene, preso atto con piacere della conoscenza della lingua portoghese da parte di un arbitro che, qualche anno fa, dichiarò di non aver visto un episodio per il quale aveva fischiato un calcio di punizione e mostrato un cartellino giallo a Mattia Destro, i precedenti in materia deporrebbero per un probabile accoglimento del ricorso, quantomeno parziale (riduzione della squalifica). Non più tardi di una settimana fa, infatti, la Corte sportiva d’Appello, nel decidere sul ricorso proposto dall’allenatore del Torino, Mazzarri, ha sancito – contrariamente a quanto stabilito dal giudice sportivo, con dovizia di richiami normativi – che nel caso degli allenatori non si applica l’automatismo della sanzione, in caso di doppia ammonizione, poiché la nuova norma non è stata assimilata a quelle in vigore per i calciatori.
Pur con le riflessioni di incertezza svolte sopra, sarebbe ben strano se lo stesso organo di giustizia, a distanza di una sola settimana, dovesse rivedere il proprio convincimento ed applicare, in questa occasione, un automatismo che aveva esplicitamente escluso, tra l’altro nei confronti di un allenatore immune da sanzioni dall’inizio del torneo. Ove accadesse, sarebbe difficile non pensare ad una forma di persecuzione ad personam (o meglio, nei confronti della società ricorrente). (…)
FONTE: Il Romanista – M. Stagliano