Non s’accontenta, e gode. La Roma fa fuori la Sampdoria e si spiana la strada verso le semifinali di Coppa Italia: ora ha davanti ha un percorso in discesa, il Cesena il primo febbraio ai quarti e la grande possibilità di scrivere un «e poi». E che poi: Lazio o Inter nel successivo doppio confronto. Spalletti potrebbe dover giocare due derby ravvicinati da dentro o fuori con il fattore tensione elevato alla seconda. Lo scoglio di Serie B c’è tra dodici giorni e il calendario impone di pensare step by step, ma l’uomo di Coppa che ha portato due trofei a Trigoria da questa competizione non può che guardare aldilà del primo, e più basso, ostacolo. Basta non farsi trarre in inganno dalle altezze, i giallorossi hanno dimostrato di non farlo proprio ieri sera, affrontando con la massima serietà l’esordio agli ottavi. Solo una volta Spalletti nella prima era romanista era stato scottato al debutto e non ha più voluto sottovalutare la sfida. Lo si è capito dalle parole in conferenza prima, dalla formazione e l’atteggiamento in campo poi. Tra le grandi solo la Roma non ha sofferto e si è presentata con il suo numero 9 ai nastri di partenza. Lapadula, Palacio, Gabbiadini, Djordjevic e Mandzukic sono state le scelte di Milan, Inter, Napoli, Lazio e Juventus, ricorse ai titolari solo col complicarsi delle cose. E Dzeko non l’ha tradito, si è stancato forse più dei colleghi ma la partita con la Sampdoria gli è servita per riprendere il filo del gol, per evitare di immalinconirsi per un rigore calciato alle stelle. Pazienza se i 33.507 spettatori, tantissimi in un giovedì freddo e di Coppa, hanno dovuto aspettare un’ora per vedere Totti all’opera. Il cambio 9-10 non fa più il rumore di una stagione fa, quando Spalletti si era maledetto per averli messi a paragone nel periodo difficile di Edin complicato dalle magie del capitano.
Ieri gli applausi erano per tutti, per una Roma capace di fare quattro gol ai blucerchiati senza complicarsi la vita, e divertendo anche. Il poker è di pregevole fattura, in particolare la prima rete di Nainggolan e quella di El Shaarawy, altra nota positiva della serata, e la voce 0 ai gol subìti per la terza volta consecutiva e l’undicesima complessiva in stagione è un bel vanto per una difesa costretta spesso a rigenerarsi. Ieri è tornato Mario Rui, 167 giorni dopo l’operazione al crociato, e sarà una pedina in più da sfruttare. A collezionare inutili rischi ci ha pensato Fazio, a cui la troppa sicurezza sembra non aver fatto bene, ma gli errori si possono perdonare se non fanno danni grazie alla collaborazione dei compagni, soprattutto Juan Jesus che ha ripreso Muriel un paio di volte. Un’altra ci ha pensato il palo. Dal lato di Dodò ci sono praterie per Peres e Rüdiger, che ha fatto le prove da attaccante in allenamento e lo fa vedere in campo. Dovrebbe però bilanciare potenza e precisione, troppa la prima e troppo poca la seconda. Paredes prova a rompere gli indugi con un missile da fuori area che «spacca» la traversa, il pallone atterra a pochi centimetri dalla riga e non fa suonare l’orologio di Calvarese. Il duello si ripropone poco dopo, stavolta il portiere c’è. Deve lucidare gli scarpini Nainggolan per trovare il varco giusto e infilare in rete l’1-0. Coordinazione da manuale per il belga, che al volo disegna una parabola imprendibile trovando il terzo gol nelle ultime quattro all’Olimpico tra campionato e coppe. E che ha il piede caldo non lo dicono solo i numeri, migliorati a gara chiusa con il poker siglato di testa. Tra le reti del Ninja il gol scaccia pensieri di Dzeko, che poi fa l’assist ad El Shaarawy per il tris. Chissà se anche stavolta Spalletti è ricorso alla lavagna per scuotere il bosniaco, fatto sta che nella ripresa il centravanti riceve più palloni e soprattutto li trasforma in oro. L’autostrada della Coppa è spianata, e la Roma ha inviato un messaggio chiaro: vietato accontentarsi.