Ci sono stati Roma-Milan più avvincenti, e non nel Pleistocene. Però di questa partita tra gli epigoni di Shevchenko e Totti non si può certo dire che sia stata banale. La tentazione è di concludere che, dalla vittoria della Roma adesso seconda in solitudine grazie a un’intuizione di Nainggolan, sia spuntata l’anti-Juve. Eppure il primo tempo stava suggerendo la chiosa opposta: soltanto il rigore sbagliato da Niang o parato da Szczesny, a seconda della prospettiva, aveva custodito lo 0-0. Ha vinto la squadra più matura. Ma la serata romana, in uno stadio finalmente semipieno, ha alimentato la sensazione che il Milan giovane e italiano – così confermavano 8 passaporti su 11 – non sia un passeggero occasiona- le, tra le nobili del campionato: ha affrontato la Roma poliglotta – il solo De Rossi rappresentava l’azzurro – senza tremori e senza badare all’impressionante curriculum stagionale degli avversari: 8 vittorie su 8 all’Olimpico. I due allenatori, dei cui controversi trascorsi comuni esiste copiosa letteratura, tenevano parecchio a vincere il duello tattico. Battezzato al mestiere dalle giovanili romaniste secondo tempistica accelerata dalle esclusioni di Spalletti quando lui era ancora centravanti, Montella cercava sul luogo del delitto la certificazione di essersi ormai issato al livello internazionale del suo ex vessatore. L’ha ottenuta grazie all’ottima interpretazione del copione da parte dei suoi discepoli, schierati a specchio della Roma.
Se Spalletti ha imposto il pressing avanzato, in particolare di Nainggolan su Locatelli, altrettanto ha fatto Montella, ordinando a Bertolacci, al vero debutto stagionale (si era infortunato dopo 5’ alla prima giornata), di asfissiare De Rossi. La somiglianza del sistema di gioco (un 4-2-3-1 spurio, con Dzeko e Lapadula a battersi tra difensori in sovrannumero) ha prodotto equilibrio, anche se all’inizio tra le rispettive assenze (Florenzi, Salah e Totti contro Kucka, Montolivo, Bonaventura e Bacca) sembravano pesare di più quelle milaniste, per via dell’evidente imbarazzo nell’avviare l’azione. Ma il balzo di Donnarumma su diagonale di Dzeko ha indotto il Milan a raddoppiare subito l’attenzione e a spingersi oltrecortina. Col passare dei minuti sono emerse la compattezza di squadra e la creatività di Suso, che attirava palloni a sinistra, distraendo i custodi della zona centrale, su tutti il riabilitato Strootman. Nel primo corridoio utile Bertolacci ha offerto a Lapadula lo scatto letale, stoppato da Szczesny con un’uscita da rigore. Il portiere ha espiato con la magnifica parata sul piatto destro di Niang, recidivo dopo l’errore contro il Crotone a San Siro. Non di errore, ma di centimetri fatali, si può invece parlare per il diagonale a lato di Dzeko, dopo cavalcata tra Paletta e Romagnoli.
Prima dell’intervallo, una mossa forzata ha alterato l’equilibrio. L’infortunio dell’ondivago Bruno Peres, rimpiazzato da El Shaarawy con trasloco di fascia per Perotti, ha conferito alla Roma maggiore inventiva, inducendo il Milan ad accentuare inconsciamente la copertura. Non si è trattato soltanto di naturale inclinazione al contropiede: la graduale presa di campo ha permesso alla Roma di mettere di nuovo pressione ai pressati, come da paradigmatica azione vincente. Nainggolan ha catturato un rinvio, si è accentrato con Locatelli alle costole e ha inventato il sinistro dell’1-0. Montella avrebbe poi tentato di rimediare, con Luiz Adriano per Lapadula e Honda per Pasalic: invano, perché la situazione tattica era congeniale a Spalletti, vincitore finale del duello insieme a Nainggolan e a Szczesny .