È difficile stare dietro a uno come José Mourinho: al momento è più grande del posto dove si trova. È lui che detta le regole del gioco, lui è la comunicazione della Roma. Lui è la squadra e la società: un uomo così performante e in un club che sceglie di non parlare (i Friedkin), può prendere il sopravvento e non sai mai dove arrivi il punto di caduta. Specialmente se viene scelto senza avere una strategia di contrasto.
Le regole, lui, se le scrive da solo, adotta le sue strategie, al di là del bene e del male. Non esiste mantenere un rapporto cordiale con i vertici arbitrali (strategia di inizio stagione), se c’è da contestare, Mou contesta, provoca, ironizza e poi ne paga le conseguenze, con squalifiche, ammonizioni esagerate, rigori non dati etc. Poi vai a capire se la Roma, in questi mesi sul campo, abbia pagato a caro prezzo proprio certe sue dichiarazioni o se sia stato frutto del caso. Parole che spesso non sono state troppo tenere nemmeno nei confronti dei propri giocatori, facendo capire, pubblicamente e non, che non sono all’altezza di lui e delle ambizioni della Roma.
È difficile essere Mou in questa situazione in cui la squadra giorno dopo giorno appare sempre più piccola e allo stesso destino va incontro la società, definita – come riportato – anch’essa piccola nel chiuso dello spogliatoio. Se i giocatori non si sentono piccoli, pian piano lo diventano; la Roma in Lega non ha una linea ben precisa, per ora vive di astensioni e questo non aiuta, non rende forti. José a volte esagera e ok, ma a volte la sua luce non basta, deve essere spalleggiato. Come faceva Moratti, per intenderci. Che lo gestiva, spalleggiandolo ma a volte sovrastandolo. E soprattutto assecondandolo sul mercato. La Roma può fare lo stesso?
Oggi la società è economicamente in difficoltà, il debito aumenta, i costi anche (i contratti pesanti), non è un’attrazione per gli sponsor e il patrimonio calciatori viene depauperato: la proprietà è costretta a versare una ventina di milioni al mese. I ricavi non arrivano e in prospettiva non ci sono nemmeno troppi calciatori di valore da rendere appetibili sul mercato. Senza parlare della prospettiva di non giocare per il quarto anno di fila la Champions. I Friedkin si ritrovano a dover ripensare la strategia societaria, ma rinunciare a Mou e Pinto sarebbe per loro un fallimento, oltre che sanguinoso da un punto di vista economico per il mancato rispetto del decreto crescita. Si dovrà capire se si è in grado di permettersi uno come lo Special.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni