La Roma si è inceppata. E a confermarlo non c’è voluto il deludente pareggio con i norvegesi del Bodø, ma la più recente striscia di prestazioni non all’altezza delle aspettative maturate nel primissimo periodo della gestione di Mourinho. Prima della sfida di giovedì, infatti, la Roma veniva dalla sconfitta interna con il Milan, dalla stentata vittoria di Cagliari, dal pareggio interno con il Napoli, dalla tremenda scoppola rimediata in Norvegia, dalla sconfitta di Torino con la Juventus. Sei partite con una sola vittoria, prestazioni discontinue, tanti errori arbitrali, ma anche diversi problemi emersi.
Ai fattori esterni, come quello arbitrale, ci si penserà più avanti, sperando che i ricorrenti errori contro la Roma siano dovuti solo ad una serie di sfortunate coincidenze e a nient’altro. Sono relativi a tre diverse aree, invece, i problemi che la Roma deve cercare di risolvere sotto il profilo tecnico e tattico: una più aggressiva fase di non possesso, un più armonico sviluppo della manovra, una più produttiva rotazione degli interpreti che possa consentire all’allenatore di trarre il meglio da ognuno dei giocatori a disposizione, senza autocastranti provvedimenti chefiniscono per complicare ulteriormente le cose.
Lo sviluppo del gioco Delle quattro fasi di gioco, nella partita contro i norvegesi giovedì la Roma ha brillato solo nelle transizioni positive. Significativa in tal senso l’azione sviluppata al 37º del primo tempo con Veretout a recuperare un pallone in mezzo al campo e a scodellarlo rapidamente sulla progressione di Zaniolo fino a metterlo da solo davanti al portiere: se Nicolò avesse semplicemente appoggiato il pallone orizzontalmente dentro l’area Abraham avrebbe segnato a porta vuota e si sarebbe sbloccato, la Roma sarebbe andata in vantaggio all’intervallo e, molto probabilmente, sarebbe cambiato tutto il quadro psicologico della partita. Ma Nicolò ha fatto la scelta sbagliata, l’occasione è sfumata. Ironia della sorte ha voluto che anche nel secondo tempo, nel preludio del gol dell’1-2, ci sia stato un suo mancato controllo a determinare lo sviluppo successivo della transizione norvegese.
Quando invece la Roma ha dovuto impostare la manovra per conto suo, non si è visto lo sviluppo veloce e ponderato che la situazione richiedeva. L’unica arma realmente efficace per tutto il primo tempo sono stati i lanci di Cristante nello spazio lasciato soprattutto dalla parte di Karsdorp dai frequenti accentramenti del loro terzino sinistro, Bjørkan. Ma l’olandese non ha saputo sfruttare le diverse proposte (appena 4 su 11 i cross riusciti) e la manovra giallorossa è rimasta compressa.
Che cosa è mancato? Non sappiamo che tipo e quante esercitazioni offensive si facciano durante la settimana a Trigoria sui tagli offensivi. Non sappiamo quali movimenti richieda l’allenatore agli esterni che vengono dentro al campo e quanto alleni i conseguenti movimenti dentro le linee della difesa avversaria, o se preferisca magari lasciare più all’intuizione del giocatore la possibilità di trovare uno sviluppo piuttosto che codificare ogni giocata studiandola in laboratorio.
È un fatto, però, che alla Roma questa brillantezza offensiva da un po’ di tempo manchi. Mourinho ha evocato i mancati colpi di genio degli attaccanti quando ha dovuto giustificare il risultato, ma dovere di un allenatore è intanto fornire tutte le chiavi possibili per aprire le porte chiuse dagli avversari e in questo senso riteniamo che nello sviluppo della manovra giallorossa ci siano ancora moltissimi margini di miglioramento.
Lo stesso Abraham a volte sembra un pesce fuori d’acqua, corre troppo a vuoto ed è poi poco lucido sotto porta. E qui bisogna fare anche una riflessione sull’eccessiva percentuale di tiri che finiscono lontani dalla porta. Anche con i norvegesi, a fronte di 14 conclusioni totali appena 4 hanno inquadrato lo specchio. Agli uomini di Knutsen è bastato calciare cinque volte per trovare due gol. Questo è un problema ricorrente nella stagione romanista.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco