Provo a tranquillizzare tutti, tutti tranne i tifosi della Roma. Ancora poche partite e poi, a giugno, José Mourinho se ne andrà, libererà il nostro virgineo calcio della sua disturbante presenza. Le parole pronunciate mercoledì sera a Monza suonano a conferma delle intenzioni del tecnico portoghese, che da poco meno di due anni è il pilar (il pilastro) unico e riconosciuto di Trigoria.
Immagino che l’addio del demonio di Setubal, che tanti pensano di aver capito e invece dì lui non hanno capito una cippa, migliorerà sensibilmente la vita degli arbitri, del giudice sportivo, del procuratore federale, dei tanti moralisti in servizio permanente, degli avversari e anche – sorpresa delle sorprese – dell‘Associazione Allenatori presieduta da Renzo Ulivieri.
Mou è “politicamente” solo da quando è arrivato nella capitale per tentare di restituire la grandezza sportiva ai giallorossi: dalla sua parte ha esclusivamente i collaboratori, la squadra – che per lui si butterebbe nel fuoco – e, appunto, le decine di migliaia di tifosi che riempiono continuamente l’Olimpico. Mi aspettavo che da un giorno all’altro pronunciasse le tre sacre parole kennediane: “Io sono romano”. Peccato. Rimpiangerà anche lui l’occasione perduta. Forse.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni