Battere la Juventus ha sempre un suo perché, stavolta ha qualche perché in più per Luciano Spalletti. Dalla sue parti Montespertoli, Certaldo e zone fiorentine in genere, i bianconeri sono considerati dei demoni, da sempre. C’è tutta una letteratura toscana di antiuventinismo. Basti ricordare le continue frecciate di Franco Zeffirelli, il cui sogno è sempre stato di «vesderli in B». Sogno realizzato, tra l’altro. A Firenze e dintorni, il derby vero è con la Juve. Spalletti, che è toscano come Allegri anche se non di scoglio come Allegri, pure se avesse fatto l’impiegato avrebbe considerato i bianconeri come primi nemici, figuriamoci se ti serve una vittoria per ambire allo scudetto. Se poi ti capita di allenare la Roma, allora tutto viene vissuto all’ennesima potenza, perché, almeno e solo in questo, i romanisti sono un po’ come i fiorentini. Battere la Juventus ha il suo perché, insomma. Il problema è che questa gioia è capitata una sola volta a Lucio. Una su ventuno volte. Una, cioè quasi niente. Una soltanto e nemmeno in campionato, ma in Coppa Italia: una Roma che in quel momento, dieci anni or sono, stava benissimo (era la squadra delle undici vittorie consecutive) ma non era grandissima, è andata vincere (reti di Mancini, Tommasi e Perrotta), sotto la neve, sul campo dei bianconeri, eliminati poi da quella coppa, sommando la sfida di ritorno. Per il resto Lucio conta ben 17 sconfitte e 3 pareggi. Ovviamente, lo score non è con la sola Roma sulle spalle. Ricordiamo che se non è stato facile battere la Juve allenando la Roma, lo è stato ancor meno guidando Empoli, Sampdoria, Venezia e Udinese.
L’OCCASIONE – Ma al di là delle statistiche, quella di sabato non conta solo per sfatare un tabù, che conta il giusto. Sabato è in campo un pezzo di scudetto. Vincere significa per Lucio dare soddisfazione ai suoi compaesani/- cittadini e lanciare in Paradiso i tifosi della Roma, che sognano quel tricolore. Lo scorso anno è andato allo Stadium guidando una squadra impaurita, incapace di organizzare una azione offensiva. E quella squadra stava anche tornando da Torino con un punticino in mano. Era l’occasione per non contare un altro insuccesso. A parte la statistica, Lucio non ha sofferto per quel gol di Dybala, sapeva che non era il momento giusto, forse nemmeno serviva battere la Juventus in quel momento. Stavolta, una sconfitta, avrebbe un sapore diverso, una sorta di resa anticipata, perché si ritroverebbe a meno sette dalla vetta e poi vai a parlare di scudetto. La Roma, con Spalletti in panchina, ha fatto meglio di tutte ma non dei bianconeri, rispetto ai quali ha realizzato dieci punti in meno in questo anno solare: la Roma 81, la Juve 91. Spalletti ha fatto comunque volare la squadra, perdendo solo quattro volte nelle sue 35 partite. Lo Stadium non è un problema di Spalletti, lì hanno perso tutti da cinque anni a questa parte: Luis Enrique, Zeman, Garcia due volte e Lucio lo scorso anno all’esordio nel nuovo stadio bianconero. Un disastro. E’ chiaro che più vai a fondo e più pensi di poter risalire, ecco perché sabato la Roma a Torino va con altre speranze. Invertire la tendenza avrebbe sì il valore della rivalsa personale ma, soprattutto, significherebbe regalarsi un sogno.
RIVALITÀ TRA COLLEGHI – Se è vero che con la Juve non è mai andata bene, quando Spalletti si è trovato davanti alla strada Allegri è finita leggermente meglio. La situazione al momento è in perfetta parità. La prima volta uno contro l’altro nel 2008, all’Olimpico: il giovane Allegri guidava il Cagliari. C’è voluto un gol nel finale, con spogliarello di Vucinic, per prendere i tre punti (3-2). Il ritorno al Sant’Elia, pareggio rocambolesco (2-2) con lite Totti/D.Conti; nel 2012, Max e Lucio si sono affrontati in Champions, uno sulla panchina del Milan e l’altro su quella dello Zenit. Una vittoria per parte (2-3 in Russia, 0-1 a San Siro), con i rossoneri a superare il turno. L’ultima occasione lo scorso 24 gennaio: ci ha pensato Dybala a regalare una soddisfazione ad Allegri. Sabato verrà rotto l’equilibrio. Forse.