No, quella non era affatto una esercitazione. E a uno come Nemanja Matic non bisogna neppure dirlo con le parole. Basta uno sguardo al momento giusto: quello che Josè Mourinho ha riservato al suo fedele pretoriano dopo la rifinitura del mercoledì, a poche ore da Roma-Feyenoord. Senza bisogno di tanti discorsi motivazionali, il serbo ha capito che avrebbe avuto le chiavi del centrocampo e che il suo allenatore gli stava per chiedere la gara della vita. E così la sua 200esima partita con lo Special One in panchina (tra Chelsea, Manchester United e Roma) si è trasformata in un capolavoro tattico, tecnico e agonistico.
Matic, 35 anni da compiere ad Agosto, giovedì sera ha giocato 134 minuti – centoventi più recuperi vari – vivendoli tutti d’un fiato, con lo spirito di un ragazzino, a tagliare e cucire calcio nelle pieghe di una partita ad alta intensità fisica ed emotiva. Ha letterlamente gettato il cuore oltre l’ostacolo, dando l’impressione che ovunque si trovasse il pallone lui sarebbe stato pronto a toglierlo dal possesso degli avversari. Due episodi su tutti raccontano la sua notte da campione: l’azione dei tre contrasti di fila che ha trasformato l’Olimpico nell’arena di una corrida e quest’ultimo strappo sul 4-1, a tempo quasi scaduto, per poter portare fuori dalla propria area l’ultimo pallone pericoloso.
La mediana della Roma ha retto grazie alla diga costruita dal classe ’88, capace pure di rendersi prezioso in fase di impostazione grazie a quei 76 palloni toccati che lo hanno reso il vero “regista” della partita. Matic ha dimostrato, a quei pochi che ancora nutrivano dei dubbi, il motivo per cui Mou l’ha voluto come primo acquisto della stagione 2022-2023: per aiutare la squadra a crescere sotto il profilo della mentalità e dell’esperienza, e per giocare partite da dentro o fuori come quelle che continueranno a caratterizzare il cammino in Europa League.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota