Dicono che quel soprannome, «el monito», non vada granché a genio a Diego Perotti. Ma per buttare giù quella scimmia sulla spalla della Roma che si chiama Juventus serviva proprio il piede destro di un argentino che da Genova è venuto e da Genova, ieri pomeriggio, ha ricevuto un assist. Lui che gli assist li fa, ha raccolto e insaccato: un rigore, no? Impossibile da sbagliare, e già che per poco la Roma non lo falliva. Simbiosi perfetta tra la giornata e la partita di Perotti. Una telefonata nel pomeriggio agli ex compagni per dire grazie tante, un WhatsApp per una faccina sorridente: rossoblù il colore del pomeriggio, il Genoa asfalta la Juventus, la divora. Oh, la scimmia può cadere allora! Da Trigoria guardano e sorridono. Diego Perotti carica il destro. E ricomincia da dove aveva finito. Dall’Europa League, una rabona e un assist a Dzeko.
INFALLIBILE – Troppo bello per non proseguire, doveroso sporcare quelle scarpette bianche che fanno tanto ballerino. Destro che gira sul piedone di Edin per il vantaggio, un altro cioccolatino al bosniaco per il 2-0: è il minuto 10, l’inizio è il migliore che Perotti e la Roma possa immaginare, in fondo lo stesso inizio che il Genoa ha messo sul piatto contro Buffon e la scimmia tutta. Tutto facile, tutto bello, tutto ok. Non è così, sarà perché a Marassi si gioca di giorno e si fa fatica ad addormentarsi. A Roma è notte, c’è una nebbia che fa tanto Benvenuti al Nord: freddo vero, viene da andarsene a casa, sotto le coperte. Spalletti urla, le maglie rosse si spengono, si sbiadiscono. Il Pescara ci crede, la scimmia prova a risalire sulla spalla giallorossa.
TIMBRO DEFINITIVO – Allora Perotti si mette in proprio, apre un’azienda tutta sua, riceve da De Rossi, spinge Crescenzi al rigore e poi con quelle scarpette bianche mette il timbro in via definitiva – perché tre sarà il numero decisivo – alla rincorsa Roma sulla Juventus. «El monito» ride, dammi il cinque sembra dire: manda baci alla tribuna, lui che un bacio ce l’aveva tatuato sul collo, prima di coprirlo con un pallone e uno scarpino. Va bene uguale, quel pallone vale un cinque su cinque dal dischetto in questo campionato, sei compreso l’Europa League: fosse un giocatore di basket, sarebbe una guardia infallibile dalla lunetta. Invece è un calciatore e Luciano Spalletti se lo coccola, innamorato com’è di quel giocatore che sa essere sempre nel vivo del gioco pure se lo sposti sulla sinistra. Infinito come quel numero che Diego porta sulle spalle, l’8, molto più visibile della scimmietta. Almeno ieri sera. Almeno dopo quella tv che ricordava i tempi di Genova: i gol di Simeone, Perotti rideva e progettava il meno quattro.