Nella serata delle occasioni perse, Mourinho ha lasciato per strada la calma, Spalletti il primato solitario per condividerlo col Milan. Senza lo straccio di un gol, e al Napoli non succedeva da 34 partite, l’Olimpico ha però saputo raccontare un pomeriggio di passione e sentimenti estremi. José, il nemico che alla Roma tolse 11 anni fa l’ultima chance di vincere lo scudetto, applaudito dallo stadio intero mentre si mimetizzava dietro la panchina dopo essere stato espulso per una protesta scomposta da secondo giallo.
Spalletti, l’eroe di una volta, con la mano alzata verso quei tifosi che ingrati lo fischiavano e insultavano (“Cercavano me, volevo dire: sono io”), finché proprio Mourinho non li ha invitati a piantarla. Lui sa, dai tempi di un Chelsea-United, cosa voglia dire diventare bersaglio della tifoseria che più ti ha amato. Certo, in campo c’è stato molto altro.
“Non è stato uno 0-0 che lascia il pubblico scontento”, per Mou. Il Napoli ha tenuto più la palla, l’occasione di vincere anche a Roma l’ha sbattuta contro il palo Osimhen, trascinandosi dietro mezza difesa romanista. Anche la Roma ha avuto il suo momento per rovesciare tutto. Ma anche Abraham ha fatalmente dissipato l’occasione che ha saputo crearsi tra le maglie della miglior difesa del campionato: i 3 gol presi in 9 partite sono la miglior notizia possibile, per il Napoli.
L’errore impedisce alla Roma di riscattare l’umiliante 1-6 norvegese, risultato che ha prodotto un’epurazione da parte di Mourinho, col confinamento in tribuna di cinque undicesimi della squadra schierata contro il Bodø giovedì, riempiendo la panchina di ragazzini della Primavera: le esclusioni di Kumbulla e Villar, Diawara e Mayoral, dell’acerbo Reynolds, sono i danni collaterali della sua guerra a quella mediocrità a cui la Roma si era abituata. Probabilmente non gli ultimi.
FONTE: La Repubblica