C’è stato un tempo felice, nemmeno così remoto, in cui la Nazionale era un’università a numero chiuso
Domenica chissà se José Mourinho ricorderà quel giovane uomo di appena 37 anni che, sedendo sulla panchina del Benfica, chiuse la sua prima giornata da capo allenatore perdendo 1-0 contro il Boavista. Era il 23 settembre 2000, poco più di un ventennio più tardi, con l’etichetta di Special One certificata dai 25 trofei vinti in carriera, nella notte delle mille panchine stringerà la mano ad Adessio Dionisi, 41 anni, alla terza panchina in Serie A.
Due carriere in testacoda, il tecnico del Sassuolo all’età in cui Mourinho vinceva i suoi primi trofei nel Porto, era un calciatore del Voghera. Alla stessa età, 41 anni, Mou aveva già vinto due titoli e due coppe in Portogallo, più una Champions ed Europa League. Da quel momento la storia di Mou diventa “special”. Ha saputo sviluppare carisma, strategia comunicativa (anche artatamente polemica) che ha scelto di perseguire, empatia con le proprie tifoserie. Gli “odiatori” non hanno mai fatto paura al portoghese, che anzi a volte ha tratto da quel sentimento il carburante per “incendiare” la propria squadra. Il resto sono numeri che si sposano a sensazioni forti.
Mourinho ha vinto il campionato in tutte le nazioni in cui ha allenato: Primeira Liga, Premier, Serie A e Liga, l’unico tecnico della storia in grado di vincere sia la Champions che l’Europa League più di una volta. Nei 5 tornei top europei, Mourinho è anche il più vincente in assoluto, con 355 successi. Un altro primato potrebbe essere alle porte per lui, nelle dieci avventure tecniche che ha affrontato in carriera non gli era mai successo di cominciare con 5 vittorie in altrettante partite ufficiali. Se domenica la Roma batterà il Sassuolo, un altro record entrerà a far parte della leggenda.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini